8 novembre 1494: Piero de' Medici è costretto a fuggire da Firenze

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di Andrea Zorzi (Università di Firenze)

[Le parole evidenziate nel testo rinviano a link esterni elencati in fondo alla pagina]

 

Domenico Ghirlandaio, Piero di Lorenzo de' Medici, 1494 circa, Napoli, Biblioteca Nazionale

Probabilmente si trattò di un equivoco, ma il risultato politico fu disastroso sia per Piero de’ Medici sia per i suoi avversari. Costretto precipitosamente alla fuga da Firenze nella notte tra l’8 e il 9 novembre 1494, colpito da una taglia di 5.000 ducati promessa dalla Signoria (il collegio di governo) a chi lo avesse catturato e di 2.000 a chi lo avesse ucciso, Piero non vi sarebbe più rientrato. Come annotò uno dei cronisti del tempo, Piero Parenti, «per la sua temerarietà, Piero de’ Medici lo stato, anni 60 durato fino dal suo bisavolo, perdé, e libera la città rimase più per opera di Iddio che delli uomini». Ma i «cittadini principali», che avevano tramato contro di lui nell’illusione di potersi sostituire alla dinastia medicea nel controllo politico di Firenze e del suo dominio, finirono travolti a loro volta dal crollo del regime cui era venuto a mancare il cardine: poche settimane dopo, il 23 dicembre, sarebbe stato istituito infatti il consiglio Maggiore, che fino al 1512 rimase il pilastro del ritrovato assetto repubblicano del governo della città.

 

Cosa aveva portato alla fine repentina del regime – signorile nella sostanza repubblicano nella forma – che i Medici avevano affermato su Firenze in seguito al ritorno di Cosimo il Vecchio nel 1434 e che con Lorenzo il Magnifico aveva raggiunto il suo apogeo? Proprio quest’ultimo aveva manifestato la sua preoccupazione nei confronti dell’atteggiamento del figlio fin dalle sue prime uscite pubbliche, palesando il timore che non fosse all’altezza e che facesse mostra di eccessiva ostentazione del suo ruolo. Alla morte del padre, nel 1492, Piero aveva solo vent’anni e subentrò nelle cariche detenute da Lorenzo – membro del consiglio dei Settanta (dove si prendevano le decisioni politiche più importanti) e degli accoppiatori (il collegio che controllava le elezioni agli uffici) – con il consenso dei principali alleati del Magnifico. Esso venne progressivamente meno però, mano a mano che Piero mostrò di fidarsi solo degli amici più stretti. La spedizione italiana di Carlo VIII nell’autunno del 1494, intesa a rivendicare il diritto di successione sul regno di Napoli e che frantumò il fragile equilibrio raggiunto tra gli stati italiani, accentuò le divisioni che si erano venute a creare all’interno del regime e finì col rivelarsi la rovina del giovane Medici.

 

Anonimo, Carlo VIII, XVI sec., Chantilly, Musée Condé

Parenti parla di «temerarietà» di Piero. In effetti, questi si recò il 26 ottobre 1494 nel campo francese per trattare con il sovrano senza un mandato ufficiale. A Firenze giunse voce che egli avesse ceduto importanti fortezze al re di Francia e che avesse offerto una grossa somma di denaro a Carlo VIII perché lo mantenesse al potere. Come scrive sempre il Parenti, i leader del gruppo dirigente, «già malissimo contenti del ghoverno di Piero, benché prima suoi partigiani fussino, vedutisi in isterminio condocti, a volgere mantello cominciorono»: la Signoria si schierò contro di lui. Piero rientrò a Firenze l’8 novembre, accolto festosamente solo dai seguaci e dai familiari. Dopo aver pranzato nella sua abitazione di via Larga (l’attuale via Cavour) si recò «a Palagio» (l’attuale Palazzo Vecchio) con una scorta armata. E qui si generò l’equivoco. Probabilmente Piero intendeva chiedere alla Signoria di non procedere immediatamente contro di lui per aver condotto senza alcuna delega formale (e peraltro con esito assai infelice) le trattative con Carlo VIII; ma i più credettero che egli volesse impadronirsi del palazzo, attuando un colpo di stato. Campane a martello, la Signoria invitò il popolo a riunirsi in armi in piazza davanti al Palazzo e bandì la taglia per la sua cattura. Le strade della città ribollirono.

 

Piero comprese di non avere ulteriori margini d’azione e la sera stessa fuggì dalla città per la porta di S. Gallo insieme con i due fratelli, Giovanni (allora cardinale e futuro papa Leone X) e Giuliano. L’alba del 9 novembre 1494 vide aprirsi una fase nuova della storia politica di Firenze, presto dominata dalla figura di Girolamo Savonarola. Mentre Piero avrebbe invano tentato più volte di rientrare a Firenze con le armi (trovando poi la morte nella battaglia del Garigliano del 28 dicembre 1503 combattendo nelle fila francesi contro l’esercito spagnolo), i fratelli avrebbero riaffermato la dinastia della famiglia alla guida della città nel settembre del 1512.

 

Lettura di approfondimento:

  • N. Rubinstein, Il governo di Firenze sotto i Medici (1434-1494), Scandicci, La Nuova Italia, 1999, pp. 305-313.

 

Elenco dei link in ordine di citazione
(il loro funzionamento è stato verificato l’8 novembre 2011):


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