di Silvia Diacciati (Firenze)
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Nel febbraio 1280 lunghi cortei di fiorentini illustri attraversarono l’Arno all’altezza del ponte a Rubaconte (attuale ponte alle Grazie) per recarsi nell’austero palazzo della famiglia Mozzi e giurare la pace che in quei giorni il cardinale Latino Malebranca, legato di papa Niccolò III, aveva celebrato tra guelfi e ghibellini sulla piazza di Santa Maria Novella. Già sette anni prima un altro pontefice, Gregorio X, aveva tentato di sedare l’acrimonia tra quelle due fazioni che ormai da decenni, periodicamente, turbavano la vita cittadina. Con la riammissione in città dei ghibellini ribelli, esiliati fin dal 1266, Gregorio X aveva sperato di riequilibrare le forze politiche fiorentine, riducendo lo strapotere esercitato allora dai più affezionati sostenitori guelfi di Carlo d’Angiò, sovrano del regno di Sicilia e in quegli anni podestà di Firenze. Il fallimento di quel tentativo, il conseguente interdetto che colpì la città e il progressivo indebolimento della forza angioina dettero comunque avvio a un processo di cambiamento all’interno del comune, provocando il sorgere di nuovi conflitti. Fu così che i «più savi» tra i fiorentini chiesero l’intervento della Chiesa per pacificare non solo i guelfi coi ghibellini, ma gli stessi guelfi tra loro: la pace tra due partiti che si erano affrontati da decenni fu dunque siglata.
Secondo la cronachistica le parti avevano avuto origine nel 1216 a seguito di un fatto di sangue. Il giorno di Pasqua il giovane Buondelmonte de’ Buondelmonti di bianco vestito e a dorso di un bianco destriero si stava recando al proprio matrimonio, ma cadde vittima di una vendetta: promesso sposo di una fanciulla di casa Amidei, le aveva preferito un’altra appartenente al casato rivale dei Donati ed era stato chiamato a pagare il prezzo di quel tradimento con la propria vita. Da quel giorno si sarebbero formati due partiti nemici, quello dei guelfi sostenitori dei Buondelmonti e quello dei ghibellini loro avversari. In verità, le due parti avverse erano già formate negli ultimi decenni del XII secolo, anche se ancora prive dei nomi che le avrebbero caratterizzate in seguito. Raccoglievano gli esponenti delle maggiori casate fiorentine: all’interno delle mura urbane esse si affrontavano in una gara per la supremazia sociale, economica e politica che passava attraverso il controllo di intere aree della città a quello degli incarichi di governo. Già sul finire del XII secolo a questo antagonismo essenzialmente cittadino si era aggiunto un diverso atteggiamento nei confronti della politica imperiale: la fazione in seguito detta ghibellina – che in questa fase contava tra i propri aderenti famiglie dai prevalenti interessi nel contado o imparentate con grandi stirpi signorili – si mostrò più disponibile, mentre l’altra (i futuri guelfi), maggiormente interessata ai traffici mercantili e creditizi, fu contraria a una politica che ne limitasse l’espansione. Fu poi soprattutto negli anni Trenta e Quaranta del Duecento che, in corrispondenza di una crescente opposizione tra Papato e Impero, gli esponenti delle due fazioni, schierandosi per l’uno o per l’altro antagonista, assunsero i nomi di guelfi e ghibellini (termini in origine sorti per designare rispettivamente i sostenitori di due casate in lotta per la corona imperiale dopo la morte di Enrico V nel 1125, quella di Baviera e Sassonia dei Welfen [guelfo] e quella di Svevia degli Hohenstaufen, signori del castello di Waiblingen [ghibellino]). Fu probabilmente nel corso di questi anni che i due gruppi si dotarono inoltre di una vera e propria organizzazione strutturata ed esemplata sulle istituzioni comunali, con a capo alcuni capitani affiancati da un consiglio.
Affievolitasi col passare degli anni l’iniziale distinzione di carattere economico e accentuatasi invece la competizione politica urbana a seguito delle pressioni e delle rivendicazioni di altri soggetti in piena ascesa economica e sociale – il cosiddetto Popolo –, l’avversione tra i due partiti si manifestò compiutamente a partire dal 1238, anno nel quale le cronache cominciano a riempirsi di frequenti racconti di violenze e di cacciate reciproche dalla città. Dopo un primo caso di fuoruscitismo nel 1248, i guelfi abbandonarono nuovamente Firenze dopo la vittoria ghibellina di Montaperti nel 1260, per rientrare in città da vincitori solo sei anni più tardi, grazie all’appoggio del Papato e di Carlo d’Angiò; la via dell’esilio fu dunque data in sorte agli sconfitti ghibellini, fino ad allora dominanti, costretti non solo ad abbandonare la propria città, ma privati anche dei loro beni, confiscati o addirittura distrutti dai nuovi dominatori. Questi anni di governo da parte delle fazioni – quella ghibellina fu alla guida della città tra 1260 e 1266, quella guelfa tra 1266 e 1280 circa – segnarono importanti cambiamenti nella loro stessa composizione: sconfitto nel 1266, il partito ghibellino vide progressivamente assottigliarsi i propri ranghi, riducendosi ad alcune nobili casate di fede incrollabile e a simpatizzanti di condizione e di peso politico assai più modesto; il partito guelfo, invece, finì per conquistare i favori della maggior parte dei fiorentini, specialmente di coloro che contavano, anche se con gradi di dedizione differenti. Dopo l’affermazione guelfa alla guida di Firenze nel 1266 grazie all’appoggio fondamentale del Papato e di Carlo d’Angiò, infatti, l’adesione al guelfismo era divenuta un requisito essenziale sia per chi aspirava ad avere un qualche ruolo nella vita politica cittadina sia per chi voleva incrementare i propri traffici commerciali e creditizi: se si voleva fare affari nei territori angioni, ad esempio, era necessaria una sorta di patente di fedeltà guelfa rilasciata dalla Parte – organizzazione strutturata nella quale da tempo si erano associati i guelfi fiorentini. Al tempo della pace del cardinale Latino, dunque, Firenze era ormai una città di salda fede guelfa, non potendo rinunciare ai benefici economici e politici che l’appoggio al Papato e alla casata francese degli Angiò le avevano fruttato. La fine dell’accordo tra queste due potenze e l’affiorare di dissidi all’interno della stessa fazione guelfa favorirono, anche se limitatamente, i ghibellini: fatta eccezione per i più potenti e pericolosi di loro – ad esempio gli esponenti della casata Uberti – fu concesso ai ghibellini esuli di rientrare in Firenze, di riprendere possesso dei propri beni e di partecipare alla vita politica del comune, sebbene in posizione subalterna ai guelfi. Alla fine del Duecento la contrapposizione tra guelfi e ghibellini giungeva così a termine. L’esilio dei più accesi sostenitori dell’Impero – ormai pochi – e la conversione degli altri al guelfismo segnarono la sconfitta del ghibellinismo, d’ora in poi trasformato in un’accusa di eterodossia politica: da allora fu tacciato di ghibellinismo chiunque professasse idee politiche contrarie a quelle di chi era al governo della città. La lotta di fazione all’interno delle mura cittadine, tuttavia, non venne meno: nel giro di pochi anni nuove discordie avrebbero diviso gli stessi guelfi contrapponendo questa volta Bianchi e Neri.
Letture di approfondimento:
- La pace del cardinale Latino a Firenze nel 1280. La sentenza e gli atti complementari, a cura di I. Lori Sanfilippo, «Bullettino dell’Istituto storico italiano per il Medio evo e Archivio Muratoriano», LXXXIX (1980), pp. 193-259.
- S. Diacciati, Popolani e magnati. Società e politica a Firenze nel Duecento, Spoleto, Cisam, 2011.
- E. Faini, Firenze nell’età romanica (1000-1211). L’espansione urbana, lo sviluppo istituzionale, il rapporto con il territorio, Firenze, Olschki, 2010.
- V. Mazzoni, Accusare e proscrivere il nemico politico. Legislazione antighibellina e persecuzione giudiziaria a Firenze (1347-1378), Pisa, Pacini Editore, 2010.
Elenco dei link in ordine di citazione
(il loro funzionamento è stato verificato il 1° febbraio 2012):
- Note biografiche su Rubaconte da Mandello
- Note biografiche sul cardinale Latino Malabranca
- Significato del termine “legato”
- Note biografiche su Niccolò III
- Note biografiche su Gregorio X
- Note biografiche su Carlo d’Angiò
- La citazione dei Fiorentini «più savi» nella Cronaca di Dino Compagni [al libro I, capitolo 3]
- Significato del termine “interdetto”
- Sul fatto di sangue del 1216
- Note biografiche su Buondelmonte dei Buondelmonti
- Notizie su guelfi e ghibellini
- Notizie biografiche su Enrico V
- Notizie sui guelfi
- Notizie sulla casata degli Hohenstaufen
- Sul Popolo a Firenze
- Notizie sulla battaglia di Montaperti
- Notizie sulla famiglia Uberti
- Significato del termine “eterodossia”
- Note su Bianchi e i Neri
Come citare questo articolo: Silvia Diacciati, Febbraio 1280: la pace tra i guelfi e i ghibellini, in "Portale Storia di Firenze", Febbraio 2012, https://www.storiadifirenze.org/?temadelmese=febbraio-1280-la-pace-tra-guelfi-e-ghibellini
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