di Marco Morandi
«Sfidando ogni pericolo consacrava la sua attività ad animare, suscitare, rafforzare il fronte della Resistenza in Toscana. Organizzatore dei primi distaccamenti partigiani in quella zona costituì la Brigata Garibaldi Lanciotto, la comandò in ripetuti durissimi scontri guidandola con intrepido valore ed alto spirito di sacrificio in vittoriosi combattimenti come quelli ormai leggendari per la difesa di Cetica. Comandante della Divisione Garibaldi Arno portava i propri reparti all’avanguardia dell’esercito alleato nella battaglia per la liberazione di Firenze. Affrontava eroicamente l’ostinata e rabbiosa resistenza tedesca, apriva un varco tra le file nemiche e guidava i volontari italiani ad entrare combattendo primi in Firenze, sua città natale. Alla testa come sempre dei propri uomini mentre dirigeva l’azione dei Garibaldini contro le retroguardie tedesche asserragliate nella città, cadeva colpito da una granata nemica» (medaglia d’oro al valor militare)
Aligi Barducci nacque il 10 maggio 1913 nella zona di Oltrarno (Pignone), a Firenze, da Duilio e Brunetta Fanfani. La zona in cui nacque era la parte più povera della città dove, decorosamente, viveva la famiglia Barducci, il padre ferroviere e la madre casalinga. Frequentò le scuole elementari e la scuola complementare fino al terzo anno, dopo il quale dovette, per le ristrettezze economiche della famiglia, abbandonare gli studi e impiegarsi presso uno zio che lo avviò al commercio.Fu per Aligi un dispiacere, tanto che la voglia di studiare, di imparare nuove cose non l’abbandonò mai nel corso della sua breve vita, anche in condizioni di particolare disagio. Tramite la sua famiglia conobbe Gino Varlecchi, appassionato studioso, autodidatta, di idee democratiche ed antifascista, che avviò Luigi Barducci alla scoperta della propria biblioteca personale, fatta di centinaia di libri di ogni genere, storia, filosofia, scienze sociali.
Ciò che Barducci stesso considerò “il primo vero passo della vita” arrivò il giorno 8 aprile del 1934: Venne chiamato al servizio di leva. Inizialmente riluttante alla vita militare non rinnegò mai tutti gli insegnamenti che il lungo periodo di leva seppe dargli. Arrivò a Messina e pochi giorni dopo, l’11 aprile 1934, fu aggregato al terzo reggimento fanteria “Piemonte”. Un passo di una lettera ai genitori scritta da Messina il 23 aprile 1934 denota chiaramente il pensiero e l’indole democratica di Aligi Barducci: “L’unico mio pensiero è quello di potermi sistemare, terminato il servizio militare. E’ assolutamente vergognoso però che un uomo stia nella speranza; di poter lavorare tutti gli uomini hanno il sacrosanto diritto, non solo di lavorare ma di poter avere soddisfazioni materiali e specialmente morali! Tutti gli uomini sono nati uguali e liberi! E la legge naturale non verrà annullata da miseri uomini, essa riprenderà presto il suo libero corso!”.
Il 27 febbraio 1935 salpò sulla “Leonardo da Vinci” diretto a Mogadiscio, effettivo della divisione Peloritana I, da dove fece ritorno il 7 dicembre 1936 ottenendo quindi il congedo e tornando a casa.
Riprese gli studi frequentando la scuola Martini ottenendo l’attestato di frequenza del biennio superiore; cercava un lavoro, decise di sostenere il maggior numero di concorsi possibile, vincendone più d’uno. Nel maggio del 1939 quindi partì alla volta di Como, divenuto ufficiale doganale. Tornato a Firenze si iscrisse alla facoltà di economia e Commercio (a.a. 1940-1941) dopo aver conseguito il diploma di ragioniere (ottobre 1940) ma venne richiamato nuovamente alle armi.
Grazie alle sue capacità, dimostrate nell’esercito e negli studi, riuscì ad essere indirizzato a Pisa, dove frequentò il corso per allievi ufficiali; fu promosso “col massimo punteggio”. Nel 1942 venne inviato a Como, poi in Liguria, successivamente nel Lazio, a Santa Severa, assegnato al decimo reggimento”arditi”. A Santa Severa, da ufficiale, affrontò pericoli ed esercitazioni estenuanti, riuscendo sempre a tenere il proprio gruppo compatto ed affiatato, ottenendo la stima dei suoi soldati e l’affetto dei colleghi, tanto da guadagnarsi il soprannome di “Potente” e da nominare nello stesso modo l’intera pattuglia. Nel marzo del 1943 tutta la “Potente” venne inviata, con il proprio comandante, a Pola in Istria. Fu qui che Aligi Barducci vide con i propri occhi la resistenza ad un invasore, l’Italia, percepita come nemico, non solo dai partigiani, ma anche dalla popolazione civile, che sosteneva la resistenza slovena anche di fronte alla soverchiante forza dell’esercito italiano. Tale atteggiamento colpì Aligi che non scordò mai questa esperienza che, anzi, catturò le proprie riflessioni future. Nel maggio 1943 “La Potente” venne inviata in Sicilia, dove si prodigò nell’aiuto alla popolazione civile durante il bombardamento della città di Acireale, popolazione già apertamente avversa ai tedeschi ed ai fascisti; la forza del nemico alleato costrinse Aligi a ripiegare verso Messina e,successivamente, a ritirarsi sulla coste del “continente” ed a raggiungere, a piedi, o con mezzi di fortuna, la base di Santa Severa, nel Lazio.
L’8 settembre lo vide protagonista di una violenta discussione con i suoi superiori, riguardo alla posizione che doveva assumere l’esercito rispetto agli alleati: la pattuglia si sciolse e lui decise di far ritorno nella sua città natale, abbandonando l’esercito. Iniziò così un mese di vita randagia, perso per i campi ed i casolari di campagna, cercando di tornare a Firenze, dalla propria famiglia ma anche dai propri amici, per iniziare una nuova lotta, animata dai sentimenti, ormai vivi ed attivi nell’animo di Aligi. Arrivò in città il giorno 3 ottobre 1943, angosciosamente atteso dai genitori, che da tempo non avevano sue notizie. Qui ebbe modo di ritrovare Gino Varlecchi, amico di famiglia e “maestro” di Aligi, durante le sue prime esperienze di studio. A questi confidò i suoi dubbi, le sue paure e le incertezze di una vita passata sotto le armi, i desideri e le aspettative di un ragazzo che voleva costruire qualcosa in un mondo più libero. Varlecchi, viste le convinzioni e le insistenze di Aligi, decise di presentarlo agli amici del partito comunista, Augusto Guerrini e successivamente a Franco Burresi.
L’autorità doveva essere giustificata o motivata agli occhi di chi stava combattendo in antitesi a certe forme di autoritarismo. Per questo Aligi non acquisì subito una posizione di comando cercando di guadagnarsi stima e fiducia (era pur sempre un ex ufficiale dell’esercito).
Ma fu proprio in questo periodo che emersero le virtù di Potente (come venne “ribattezzato”): sapersi affermare, con grande capacità diplomatica, non solo tra i partigiani, ma anche e soprattutto tra i comandanti, che in diversi casi mostravano ancora tendenze individualistiche e autonomistiche.
L’8 giugno, in località “Uomo di Sasso”, Potente, che godeva ormai di stima da parte di partigiani e comandanti, sebbene non avesse ricevuto alcuna investitura ufficiale del comando, riunì i vari comandanti e commissari politici, riferì loro le disposizioni del Comando Unico Militare Toscano, e fu decisa all’unanimità la costituzione della “22a Brigata Garibaldi Lanciotto” e l’organizzazione dei quadri direttivi. Il Comando militare della Brigata fu assegnato a Potente.
Un mese dopo, l’8 luglio 1944, la Delegazione Toscana invito la fusione della 4 brigate garibaldine in un’unica divisione, allo scopo di favorire il coordinamento e le comunicazioni fra brigate nell’imminente operazione di avvicinamento a Firenze. Potente (il cui nome era già diventato leggenda fra i partigiani) divenne quindi il comandante della divisione Arno e fu il principale ideatore del piano strategico per portare i partigiani a Firenze; si trattò in effetti di un capolavoro, considerato il numero di uomini (circa 500 persone) ed il percorso che da monte Giovi e dal Pratomagno portava a Firenze, nel mezzo delle linee tedesche in ritirata. L’impresa riuscì, ma ne seguì subito un’altra, altrettanto importante per tutta la storia della Resistenza italiana: Potente riuscì infatti a trattare il “non disarmo” dei propri uomini con il colonnello Jones Benton *, assicurando le operazioni di rastrellamento dei cecchini fascisti appostati sopra i palazzi di Firenze e ponendo di fatto una collaborazione fra gli alleati ed i partigiani (ai quali il generale Alexander aveva già dedicato un attestato di benemerenza, una somma in denaro e dei viveri) che, se da un lato risolveva molti problemi agli alleati nel gestire il “lavoro sporco” della lotta ai franchi tiratori, dall’altro istituiva un importante precedente per la lotta partigiana nel resto della penisola.
Il giorno 9 agosto 1944 Potente morì, in seguito alle complicazioni della ferita riportata il giorno prima, quando una bomba di mortaio tedesca sparata da grande distanza lo falciò in piazza S. Spirito.
* Secondo la ricostruzione fatta da Giovanni Frullini (all’epoca partigiano della “Lanciotto”) nella sua storia “La liberazione di Firenze”
Letture di approfondimento:
- Maria Augusta e Sebastiano Timpanaro (a cura di) , Potente Aligi Barducci, comandante della divisione Garibaldi “Arno”, Libreria Feltrinelli di Firenze, Firenze, 1975
- Orazio Barbieri, Ponte sull’Arno: la Resistenza a Firenze Editori Riuniti, Roma, 1975
- Ugo Cappelletti, Firenze città aperta: Agosto 1944: cronaca di una battaglia, Bonechi, Firenze, 1975
- Giovanni Frullini, La liberazione a Firenze , Sperling e Kupfer, Milano,1982
- Brigata Sinigallia Autore: Angiolo Gracci Casa Editrice/anno: Libreria Feltrinelli, 1976
- Carlo Francovich , La Resistenza a FirenzeLa Nuova Italia, Firenze, 1961
- Rivista “IL Ponte”, n.9 Settembre 1944, La battaglia di Firenze , La Nuova Italia, Firenze, 1954
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