29 agosto 1315: la sconfitta guelfo-fiorentina a Montecatini

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di Marco Bicchierai, Università di Firenze

 

[Le parole evidenziate nel testo rinviano a link esterni elencati in fondo alla pagina]

 

 

Anonimo, Uguccione della Faggiola, stampa del sec. XVI. Urbania, Museo civico-pinacoteca

Se è rimasta fino ad oggi memoria della pesante sconfitta fiorentina a Montaperti, molto meno nota è un’altra drammatica disfatta subita da fiorentini e guelfi nell’agosto del 1315: quella presso Montecatini da parte dei pisano-ghibellini condotti da Uguccione della Faggiola.

 

Con la morte dell’imperatore Enrico VII nel 1313, Pisa, che aveva investito nell’avventura imperiale risorse finanziarie enormi, trovandosi esposta alla minaccia guelfa si affidò a un uomo d’arme ghibellino che potesse garantirla: Uguccione della Faggiola. Questi, dopo aver ingaggiato un contingente di oltre 800 cavalieri tedeschi che avevano accompagnato Enrico VII, puntò ad una politica militarmente aggressiva. Nel giro di un anno Lucca fu costretta a una pace forzata e a riammettere i fuoriusciti ghibellini (fra cui Castruccio Castracani). Proprio i fuoriusciti, poi, dall’interno appoggiarono il colpo di mano di Uguccione, che si spinse addirittura a prendere la città nel giugno 1314, cacciandone le principali famiglie guelfe e ponendola sotto la signoria del figlio Francesco. Come comandante di una lega fra Pisa e Lucca, Uguccione continuò nella sua politica di aggressione minacciando Pistoia, Volterra, San Miniato, e assediando il castello di Montecatini, dove si erano rifugiati molti dei fuoriusciti lucchesi sostenuti da truppe fiorentine. Costretto a rientrare a Pisa da fermenti di malcontento senza aver preso il castello, Uguccione si ripromise di ripresentarsi al più presto.

 

Sigillo di Filippo di Taranto (tratto da G.L. Schlumberger, Sceaux et bulles des Empereurs latins de Constantinople, Caen, H. Delesque, 1890)

Firenze, intanto, seppur con molta lentezza si era preparata alla guerra: il conte Pietro di Eboli, fratello del re di Napoli Roberto d’Angio, già presente in città con un ampio contingente di cavalieri, aveva chiesto al sovrano angioino un ulteriore rinforzo: si mossero, guidando oltre 500 cavalieri, l’altro fratello del re Filippo di Taranto con il figlio Carlo. Poi tutte le città della lega guelfa inviarono contingenti: Bologna, Perugia, Siena, Volterra, e così i vari centri del dominio fiorentino e i signori alleati. Ma anche Uguccione aveva fatto arrivare rinforzi: aretini, ghibellini e fuoriusciti toscani, contingenti dall’Italia settentrionale. Quando il 10 agosto arrivò in Val di Nievole, Uguccione poteva contare su un esercito di circa 2.500 cavalieri e 20.000 fanti e predispose subito l’assedio a Montecatini; l’esercito fiorentino-guelfo, orientativamente stimabile sui 3.500 cavalieri e 30.000 fanti, il 16 agosto, passata Monsummano, pose il campo presso il fiume Nievole.

 

Per alcuni giorni vi furono manovre e scaramucce, poi il comando fiorentino decise di spostarsi verso Buggiano per tagliare a Uguccione rifornimenti e possibili vie di ritirata. Venutolo a sapere, nella notte fra 28 e 29 agosto Uguccione fece abbandonare l’assedio e portò l’esercito nel piano, pronto a sostenere un eventuale scontro. La mattina del 29, nell’esercito guelfo tale movimento fu preso per una ritirata, così ci si mosse per levare il campo senza preparazione a una battaglia, con le armature, le balestre, i palvesi lasciati in larga parte sui carri. La schiera dei feditori di

Fante fiorentino con palvese, fine Duecento-primo Trecento; figurino storico 54 mm. di Mario Venturi (collezione privata)

Uguccione attaccò il contingente senese e colligiano che difendeva il campo e lo travolse, venendo quindi a scontrarsi con il grosso della cavalleria guelfa raggruppatosi in fretta agli ordini del conte Pietro. Lo scontro fu feroce, i feditori ghibellini fermati e impegnati con forti perdite. Ma a loro sostegno Uguccione fece intervenire a questo punto contro i guelfi anche i temibili cavalieri tedeschi. Questi piombarono sulla mischia dei cavalieri e sulle fanterie guelfo-fiorentine ancora non in ordine, mentre anche il contingente dei 4.000 balestrieri pisani entrava in battaglia e iniziava a tirare indisturbato e micidiale su cavalieri e fanti nemici. La fanteria guelfa si disunì, gettò le armi e iniziò a darsi alla fuga coinvolgendo nel caos anche i cavalieri. Nel frattempo a Uguccione era arrivata la notizia che il figlio Francesco era caduto; con rabbia e dolore lanciò allora contro il nemico la riserva che lui stesso guidava, composta dal grosso delle milizie civiche pisane e lucchesi, ma lo schieramento guelfo era già prossimo al crollo e quest’ultimo attacco fu il preludio di una lunga e drammatica caccia. Per chilometri nella sera i guelfi furono inseguiti, uccisi, catturati, molti si persero e affogarono nel lago/palude della Gusciana (l’odierno Padule di Fucecchio, allora molto più ampio).

 

Caddero fanti e cavalieri, fiorentini, francesi, mercenari catalani e aragonesi, bolognesi, perugini e uomini di mezza Toscana. Il Villani parla di più di 2.000 caduti e oltre 1.500 prigionieri; le fonti cittadine pisane di circa 10.000 morti fra i guelfi e 7.000 prigionieri. Il conte Pietro di Eboli fu tra i dispersi, il nipote Carlo uno dei primi caduti, così come il conte Carlo di Guido da Battifolle, capitano di guerra dei senesi. Del disastro guelfo fece un triste ammonimento nei suoi sonetti politici anche Folgore da San Gimignano: «Non vi ricorda di Montecatini, come le moglie e le madri dolenti fan vedovaggio per li ghibellini?» (Sonetto 30).

 

Immagine del Padule di Fucecchio

A seguito della vittoria Uguccione prese Montecatini e Monsummano; nei mesi seguenti Volterra e San Gimignano trattarono una pace separata con i ghibellini e Prato si affrancò dalla tutela fiorentina. Firenze, invece, tenne, trovando una inusitata concordia interna, e facendosi forte della sua ricchezza.

 

Di lì a poco, invece, Uguccione dovette subire la rivolta dei pisani, che lo cacciarono stanchi del suo autoritarismo, ma soprattutto della guerra continua e dei suoi costi diventati insostenibili.

 

 

Bibliografia di riferimento

  • R. Davidsohn, Storia di Firenze. III. Le ultime lotte contro l’Impero, Firenze, Sansoni, 1960, pp. 792-809.
  • Giovanni Villani, Nuova cronica, edizione critica a cura di G. Porta, Parma, Guanda, 1991, tomo II, libro X, pp. 70-72.

 

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