Stefano Ussi, La cacciata del Duca d’Atene da Firenze, 1860. Firenze, Galleria d’Arte moderna di Palazzo Pitti
di Piero Gualtieri (Portale Storia di Firenze)
Vi sono alcuni eventi, nella storia fiorentina, che si sono progressivamente imposti, per la lettura che di essi hanno dato i posteri più ancora dei contemporanei, come momenti fondativi dell’identità politica cittadina: la cacciata di Gualtieri di Brienne, duca d’Atene, che prese avvio nella giornata del 26 luglio 1343, è senz’altro uno di questi. Fu proprio a partire dalle burrascose vicende della fine della signoria del nobile francese, infatti, che la riflessione politica fiorentina elaborò in forme coerenti e compiute quel mito di Firenze culla della libertà repubblicana che ancora oggi proietta la propria luce sull’immagine della città.
Ma veniamo ai fatti. La signoria del Duca su Firenze aveva preso avvio nel settembre del 1342. Gualtieri era stato contattato alcuni mesi prima (sul finire del 1341) da alcuni mercanti fiorentini per conto del governo cittadino, ed egli aveva accettato l’incarico di Capitano di guerra di Firenze, assumendolo formalmente a partire dal primo di febbraio di quello stesso 1342. Si era
nel pieno della cosiddetta «guerra di Lucca», che opponeva militarmente Firenze a Pisa per il controllo della città del Volto Santo. Il 4 agosto del 1341, dopo una lunga trattativa, il governo fiorentino aveva infatti acquistato da Mastino della Scala, signore di Verona, Vicenza e Lucca, quest’ultima città ed il suo territorio, con tutti i castelli dipendenti tranne quelli sottoposti ai Malaspina per la favolosa cifra di 250.000 fiorini d’oro.
Sulla carta, la mossa pareva di quelle davvero vincenti. Grazie a un esborso in denaro (forte, è vero; ma comunque inferiore ai 360.000 fiorini che lo scaligero aveva richiesto pochi anni prima), Firenze acquisiva il controllo di una delle principali città toscane – alleata in pratica per tutto il XIII secolo, fiera avversaria nel secolo successivo con l’avvento di Castruccio Castracani – e compiva un passo avanti potenzialmente decisivo per l’acquisizione del predominio su tutta la regione. Ma Pisa, guidata in quegli anni da Ranieri Novello della Gherardesca, non era stata a guardare, e già dal finire di agosto del 1341 aveva cinto d’assedio la guarnigione inviata dai fiorentini a presidiare Lucca. Le operazioni militari che ne erano seguite nei mesi successivi non erano state sufficienti a sbloccare la situazione, e per questo il governo fiorentino si era rivolto a Gualtieri quale possibile condottiero delle proprie truppe.
Giocavano a favore del nobile francese la sua esperienza in fatto militare, ma anche la sua conoscenza dell’ambiente fiorentino, e la sua vicinanza alla casa d’Angiò, punto di riferimento per tutto il guelfismo italiano. Il duca d’Atene era infatti già stato a Firenze quale vicario di Carlo di Calabria, che nel gennaio del 1326 aveva assunto la signoria sulla città, ed era direttamente imparentato con Roberto re di Sicilia, avendone sposato la figlia. Quando nel maggio del 1342 egli raggiunse le truppe impegnate in una serie di scontri con i pisani sul fiume Serchio, però, nulla lasciava ancora presagire la piega che avrebbero acquisito gli eventi nel giro di poco più di sei mesi. Da questo punto di vista, il Brienne si rivelò particolarmente abile nello sfruttare e gestire a proprio vantaggio le difficoltà che il governo fiorentino (e il gruppo di famiglie che lo sostenevano) si trovò ad affrontare tanto sul piano esterno che su quello interno.
Abbiamo già fatto cenno all’andamento altalenante della guerra di Lucca fino all’arrivo del Duca a Firenze. Ora possiamo aggiungere che col prosieguo del 1342 essa assunse per i fiorentini i contorni di una vera e propria disfatta: nonostante gli sforzi profusi (e l’ingaggio del Brienne), infatti, furono i pisani a prevalere, riuscendo a bloccare tutti i tentativi posti in essere dai fiorentini per liberare la guarnigione bloccata a Lucca, che si arrese definitivamente i primi di luglio. I 250.000 fiorini versati a Mastino, insieme a tutto il denaro speso per la conduzione delle operazioni militari, assunsero allora agli occhi di larghi strati della popolazione fiorentina il sapore di una salatissima beffa. A ciò si aggiungano i gravi problemi finanziari che da qualche tempo affliggevano alcune delle principali compagnie bancarie e commerciali cittadine (Bardi e Peruzzi, su tutti), che la crisi lucchese con i suoi salassi di denaro pubblico e privato accentuò enormemente, e si avrà un quadro relativamente preciso delle tensioni fortissime che covavano nella società fiorentina nella primavera del 1342.
In mezzo a tale caos, Gualtieri si presentò come un’opzione appetibile (per motivi diversi) per le varie parti in gioco. Apprezzato dal gruppo dirigente al potere per il legame con re Roberto e con quel mondo angioino che rappresentava uno dei poli di riferimento del mondo politico fiorentino, invocato da quanti (magnati e popolani minuti) chiedevano un cambio di regime, egli riuscì a cumulare nel giro di pochi mesi una serie di incarichi di potere sempre più ampi, di fatto accreditando a proprio vantaggio quella soluzione signorile che, come detto, non era stata nei piani di coloro che lo avevano invitato a Firenze. Ai primi di settembre, quindi, venne convocato il Parlamento cittadino per concedergli la signoria annuale sulla città: presentatosi però in piazza della Signoria assieme ai propri armati, il duca venne acclamato dalla folla signore a vita, forzando la mano al governo cittadino dei popolani grassi che si trovò costretto ad accettare il fatto compiuto.
Una volta ottenuto il potere, il Brienne concluse per prima cosa la pace con i pisani ponendo fine alla fallimentare contesa per Lucca, la cui gestione si era rivelata superiore alle capacità del gruppo dirigente fiorentino. Quindi, attuò una serie di iniziative (come la concessione accordata ai lavoranti dell’Arte della Lana di costituirsi in associazione di mestiere; o l’incamerazione diretta di una serie di gabelle) volte sia ad accontentare le richieste del popolo minuto, sia a garantirsi una cospicua serie di entrate. A risentire maggiormente dell’azione del duca furono i popolani grassi, che persero la guida del governo e furono colpiti alle fondamenta della loro preminenza economica e sociale. Ma anche i magnati, che pure avevano appoggiato apertamente il duca, sperando nell’abolizione degli Ordinamenti di Giustizia e nell’apertura di nuovi spazi di partecipazione politica, si trovarono ad essere fortemente scontenti dell’operato del Brienne che, al di là di un loro superficiale coinvolgimento a livello consiliare, operò in realtà con pressoché totale autonomia.
La morte di re Roberto, avvenuta a Napoli il 19 gennaio del 1343, che privò il duca del suo principale appoggio politico (e soprattutto vanificò uno dei presupposti che ne avevano sostenuto l’ascesa), rappresentò allora per la sua parabola fiorentina un vero e proprio punto di non ritorno. Il clima di diffusa e crescente insoddisfazione che oramai serpeggiava in città portò infatti nel corso dei primi mesi di quello stesso 1343 alla nascita di tre diverse congiure, ciascuna all’oscuro delle altre, differenti per la composizione sociale dei membri (sia popolani grassi che magnati) ma tutte accomunate dalla volontà di rovesciare il Brienne. Gualtieri venne a conoscenza di una delle suddette congiure intorno alla metà di luglio grazie ad una delazione: ne fece quindi incarcerare il capo (Antonio di Baldinaccio Adimari), e convocò nel Palazzo dei Priori – ufficialmente per ricevere consiglio sul da farsi, ma in realtà (ci dice Giovanni Villani) per colpire i capi dell’opposizione al suo regime – i membri delle principali famiglie cittadine (che tuttavia saggiamente non si presentarono).
Dopo una prima reazione di panico, resisi conto dell’esistenza degli altri complotti, e quindi della vastità e relativa potenza del movimento di opposizione al duca, i vari congiurati decisero di giocare la carta della piazza, e di cacciare il nobile angioino con la forza. Come ci racconta ancora il Villani, la mattina del 26 luglio 1343 venne così provocata ad arte una zuffa fra «certi ribaldi fanti» in Mercato Vecchio, in modo da fornire il pretesto per la chiamata alle armi della popolazione. Alle prime grida partite dalla piazza, gli oppositori di Gualtieri scesero quindi in strada, disseminando la città – e in special modo l’Oltrarno – di serragli e steccati, secondo la tecnica militare del tempo. Ciò permise ai rivoltosi di bloccare e neutralizzare gran parte dei soldati del duca, che avendo sentito lo scoppio del tumulto si recavano verso il Palazzo dei Priori a difesa del proprio signore. La mossa era ben giocata: anche i fiorentini (popolani minuti, ma anche alcune famiglie di antica tradizione cittadina legate al Brienne) che raggiunsero il Palazzo con lo scopo di sostenere il duca, infatti, vista la piega presa dagli eventi si unirono ai rivoltosi, di fatto decretando la fine dell’esperienza signorile del nobile francese.
Ci vollero tuttavia ancora alcuni giorni perché la situazione trovasse una sistemazione definitiva: con Gualtieri barricato all’interno del Palazzo, fra il 27 e il 28 giunsero a sostegno degli insorti alcuni contingenti di armati da Siena, San Miniato e Prato; sempre il giorno 28, si riunì in Duomo il Parlamento cittadino allo scopo di eleggere una sorta di governo provvisorio che gestisse la transizione. Fu solo l’1 agosto, però, che il duca cedette, rinunciando ad ogni pretesa sulla città; e fu solo nella notte fra il 5 e il 6 agosto, per paura di eventuali reazioni popolari (durante l’assedio al Palazzo, ci racconta Villani, alcuni funzionari del duca catturati sarebbero addirittura stati mangiati dalla folla inferocita), che egli venne scortato fuori dal Palazzo fino al castello di Poppi, proprietà dei conti Guidi, dove venne rinnovata formalmente – e definitivamente – la rinuncia alla signoria su Firenze.
La ‘cacciata del duca d’Atene’ si avviava così a diventare uno degli avvenimenti centrali della storia cittadina.
Bibliografia essenziale
- A. De Vincentiis, Politica, memoria e oblio a Firenze nel XIV secolo. La tradizione documentaria della signoria del duca d’Atene, «Archivio storico italiano», CLXI (2003), pp. 209-248
- J.M. Najemy, A History of Florence 1200-1575, Oxford, Blackwell, 2006
- A. De Vincentiis, Storia e stile, 1343/1861. L’immagine del tiranno di Firenze, in I. Lori San Filippo, A. Rigon (a cura di), Condannare all’oblio. Pratiche della damnatio memoriae nel medioevo, Atti del convegno (Ascoli Piceno 2008), Ascoli Piceno, Istituto superiore di Studi medievali “Cecco d’Ascoli”, 2010, pp. 159-177
Elenco dei link in ordine di citazione (il loro funzionamento è stato verificato il 16 giugno 2015)
- Profilo di Gualtieri di Brienne
- Profilo di Mastino della Scala
- Profilo di Castruccio Castracani
- Profilo di Ranieri Novello della Gherardesca
- Note riassuntive sul conflitto guelfi-ghibellini
- Profilo di Carlo di Calabria
- Profilo di Roberto d’Angiò
- Note sintetiche sui magnati fiorentini
- Note sintetiche sugli Ordinamenti di Giustizia
- Profilo di Baldinaccio Adimari
- Note biografiche sintetiche sui conti Guidi
Come citare questo articolo: Piero Gualtieri, Luglio 1343: la cacciata di Gualtieri di Brienne, duca d’Atene, in "Portale Storia di Firenze", Luglio 2018, https://www.storiadifirenze.org/?temadelmese=luglio-1343-la-cacciata-di-gualtieri-di-brienne-duca-datene
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