Il castello di Canossa (Comune di Canossa, Provincia di Reggio Emilia)
di Maria Elena Cortese (Università Telematica Internazionale Uninettuno, Roma)
[Le parole evidenziate nel testo rinviano a link esterni elencati in fondo alla pagina]
Il 24 luglio 1115, all’età di circa settant’anni, moriva Matilde di Canossa, una delle donne più potenti e discusse del suo tempo e certamente la figura femminile di maggior rilievo nella storia della Toscana nei secoli centrali del Medioevo. Matilde, donna forte e guerriera, malinconica e sola, è un personaggio che ha esercitato un fascino ininterrotto nei secoli divenendo una sorta di mito, continuamente riproposto fino ai nostri giorni in biografie più o meno romanzate, racconti, storie locali e universali. Possiamo ricostruire le vicende della sua vita attraverso fonti di tipologia diversa: numerose cronache coeve, carte private di cui fu autrice, atti pubblici relativi al suo governo, lettere papali. Ad esse si aggiunge una fonte davvero eccezionale: la Vita Mathildis, un poema celebrativo scritto dal monaco Donizone, che descrive i momenti salienti della vita di Matilde e dei suoi antenati, giuntoci tramite un codice miniato fatto elaborare da Donizone stesso nel monastero di Canossa e ora conservato nella Biblioteca Vaticana.
Figlia di Bonifacio di Canossa, marchese di Tuscia, e di Beatrice di Lorena, Matilde nacque tra la seconda metà del 1045 e la prima del 1046, probabilmente a Mantova. La sua infanzia fu funestata da molti lutti: nel 1052 morì suo padre, che secondo la tradizione fu assassinato con una freccia avvelenata durante una battuta di caccia; pochi anni più tardi morirono in circostanze non chiare anche il fratello Federico e la sorella Beatrice. Sua madre, quindi, rimase da sola a capo della marca, anche se molto presto cominciarono le trattative che la condussero al matrimonio con il duca dell’Alta Lorena, Goffredo detto ‘il Barbuto’.
L’imperatore Enrico III, allarmato per l’unione di due casate così potenti avvenuta senza il suo consenso, reagì con decisione: costrinse Goffredo ad allontanarsi dalla moglie, scese in Italia nel 1055, e durante un sinodo convocato a Firenze tra il 4 e il 14 giugno, fece imprigionare Beatrice con la piccola Matilde (forse in seguito alla rivolta di alcuni milites di Bonifacio avvenuta proprio in Tuscia) e poi le obbligò a seguirlo in Germania, dove le trattenne presso il suo palazzo a Goslar. L’imperatore, tuttavia, morì prematuramente poco dopo, lasciando un figlio minorenne e l’impero in una situazione di debolezza. Queste circostanze spianarono la strada ai marchesi di Tuscia: Beatrice e Matilde furono liberate e Goffredo fu riconosciuto quale legittimo successore di Bonifacio di Canossa. A quel punto, nel febbraio del 1057, Beatrice e Goffredo, all’apice della potenza, poterono rientrare in Toscana con Matilde, ricondussero la marca sotto il proprio governo e avviarono una politica di appoggio al papa e alla riforma che si cercava di attuare in seno alla Chiesa, tesa a escludere i laici, e quindi anche l’imperatore, dalle investiture ecclesiastiche. I marchesi, infatti, sostennero l’accesso al soglio pontificio prima del vescovo di Firenze Gherardo, che col nome di Niccolò II nel 1059 stabilì il principio secondo il quale l’elezione del papa spettava esclusivamente ai cardinali, e successivamente del vescovo di Lucca Anselmo da Baggio (poi Alessandro II), anch’egli un convinto sostenitore della riforma.
Dopo la morte del duca Goffredo, che spirò a Verdun nel 1069, Beatrice tornò subito in Italia, mentre Matilde restò in Lorena, dato che poco prima aveva sposato Goffredo detto ‘il Gobbo’, figlio di primo letto del defunto duca, che sarebbe dovuto subentrare al padre in Tuscia. Visse così un breve e infelice periodo matrimoniale a causa delle sue difficoltà ad adattarsi al rapporto coniugale, durante il quale partorì una bimba, che tuttavia morì poco dopo. Matilde dunque, appena le fu possibile, lasciò il marito e tornò presso la madre, insieme alla quale compare in numerosi documenti nel pieno esercizio del potere sui domini canossani.
La prima notizia indiretta dell’esercizio di funzioni di governo in Tuscia da parte di Matilde si trova in un documento lucchese del 1071, ove si prescriveva che, in caso di rottura dell’accordo stabilito tra le parti, l’obbligo di risarcimento sarebbe scattato per decisione della domina Matilde que fuit filia Bonefatii marchionis. All’anno successivo risale la prima attestazione diretta delle funzioni giurisdizionali di Matilde nella marca: un breve dell’8 settembre 1072 registra la seduta giudiziaria presieduta a Lucca dalla contessa Beatrice, da sua figlia Matilde e dal messo imperiale, il giudice Flaiperto detto Amico. Negli anni successivi Matilde presiedette numerosi placiti (sedute giudiziarie pubbliche) nell’Italia centrale: talvolta insieme alla madre, ma dal 1073 più spesso da sola e coadiuvata da alcuni personaggi di fiducia, in particolare il già citato Flaiperto e Pagano di Rolando da Corsena. In alcune di queste occasioni Matilde è affiancata da Goffredo il Gobbo, che era venuto in Italia per cercare di ristabilire il legame con la moglie, ma senza successo. L’ultimo atto di Matilde insieme alla madre risale al maggio 1075, e fu rogato a Firenze, mentre in seguito tenne placito sempre da sola. Il 18 aprile 1076, infine, Beatrice morì a Pisa e venne sepolta nella cattedrale, in un sarcofago romano di reimpiego poi trasferito nel Camposanto monumentale.
In questi decenni si nota un cambiamento negli equilibri interni tra le città della marca di Tuscia: Lucca, infatti, che era stata per secoli una sorta di ‘capitale’ della regione, andava perdendo la sua antica centralità come fulcro del potere marchionale, dopo che i marchesi cominciarono a fare di Pisa e Firenze centri altrettanto importanti nel loro disegno politico. Per quanto riguarda Firenze, mentre ben pochi placiti si erano svolti nel centro urbano o nel suo territorio fino all’età canossana, già con Goffredo il Barbuto, e poi nel periodo successivo alla sua morte, la città assunse decisamente un maggior rilievo. Beatrice e Matilde, infatti, si legarono sempre più strettamente a Firenze e al suo comitatus (circoscrizione di origine carolingia che faceva capo alla città), dove si svolsero molte delle udienze giudiziarie dell’epoca. A partire già dai primi placiti presieduti in città da Beatrice, nel novembre e nel dicembre del 1061, appare evidente la volontà e la capacità dei marchesi di trovare sostegno e consenso presso lo strato di famiglie aristocratiche presenti capillarmente sul territorio. Quasi tutte le più importanti stirpi del Fiorentino (Gotizi, nepotes Rainerii, Firidolfi, Ubaldini, da Callebona, da Cintoia, da Vicchio), infatti, con maggiore o minore frequenza compaiono in contesti pubblici al fianco dei marchesi, mentre pochissime sono le assenze significative. Si trattava di un gruppo di famiglie ampiamente dotate di possedimenti fondiari e castelli e che godevano di relazioni politiche ad alto livello, essendo per lo più inserite nella cerchia dei vescovi fiorentini e fiesolani e nella clientela dei conti Guidi, che erano i maggiori sostenitori della casa di Canossa.
Non ci sono giunte sicure attestazioni riguardo alla concessione di benefici o feudi da parte dei marchesi agli esponenti di queste casate, ma tale silenzio dipende dalla natura stessa delle fonti, cioè dal fatto che il conferimento dei beni fiscali e marchionali a privati e chiese per lo più avveniva con disposizioni orali e assai raramente veniva formalizzato in testi scritti. L’inserimento di questi personaggi nella cerchia marchionale costituì in ogni caso un potente fattore di promozione e aggregazione: permetteva di mostrare pubblicamente l’elevato status sociale di cui godevano, favoriva l’instaurarsi di relazioni con le altre famiglie dell’aristocrazia e probabilmente rafforzava la consapevolezza del proprio carattere di gruppo dominante. Inoltre, la partecipazione ai placiti e la contiguità con Beatrice e Matilde, che avevano fatto di Firenze una delle loro sedi privilegiate, rafforzò i legami, spesso già esistenti, tra le stirpi signorili e il centro cittadino. In effetti, se posizioniamo su una carta topografica i nuclei patrimoniali controllati dalle famiglie della media aristocrazia fiorentina, vediamo che in pratica coprivano tutte le aree del comitatus, anche le più marginali. Dunque, la rete di relazioni esistenti tra l’aristocrazia rurale e la casata marchionale certamente svolse fino agli inizi del XII secolo un’importante funzione di raccordo tra centro e periferia e – nel momento in cui si andavano sempre più strutturando i poteri locali – costituì uno dei collanti che per un certo lasso di tempo riuscirono ancora a garantire una coesione interna del vastissimo ambito territoriale che faceva capo alla città di Firenze.
Dopo la morte di Beatrice, Matilde rimase dunque da sola ad amministrare un dominio vastissimo, che comprendeva sia i possedimenti ultrappenninici sia la Marca di Tuscia. Inoltre, qualche mese dopo l’aprile 1076 si trovò a fronteggiare il precipitare degli eventi e lo scontro aperto tra Gregorio VII, al quale era legatissima e di cui aveva abbracciato gli ideali riformatori, e il re Enrico IV, che non solo era un suo stretto parente ma al quale doveva anche fedeltà in quanto vassalla. La pubblica penitenza di Enrico IV, che ebbe luogo proprio nel castello avito di Matilde a Canossa (gennaio 1077), è un episodio fin troppo famoso, riportato in diverse versioni da ogni cronista del tempo. Ma questo tentativo di mediazione placò le acque solo per un brevissimo periodo. Infatti Enrico, una volta reintegrato nel suo potere, fece nuovamente deflagrare lo scontro con il papa.
In questa situazione Matilde dovette scegliere definitivamente quale delle due parti appoggiare: postasi alla guida dei sostenitori del papato riformatore, incorse nel reato politico di alto tradimento e fu ufficialmente destituita nel 1081 da Enrico, che ottenne il sostegno di Lucca e Pisa, e indirizzò ai rispettivi cives diplomi assai generosi quanto a concessioni, e particolarmente importanti per il cammino verso un sostanziale autogoverno da parte di cittadinanze che muovevano allora i primi passi come collettività organizzata.
Non tutte le forze politiche della Tuscia sostennero Enrico: Firenze e Pistoia, ad esempio, rimasero fedeli alla marchesa, così come il conte Guido V dei Guidi, suo figlio adottivo. Tuttavia soltanto verso la fine del secolo Matilde poté tornare a operare nella Marca e in parte ripristinare la propria autorità, ma con un potere ormai molto limitato dall’azione di molteplici soggetti largamente autonomi – in prima istanza i nascenti organismi cittadini e le più importanti dinastie comitali – entro uno scenario politico confuso e complicato da una girandola di guerre tra vescovi, città e grandi famiglie. Al declino delle strutture politico-istituzionali che i Canossa avevano ereditato dall’età carolingia, ci troviamo quindi di fronte all’azione simultanea di una pluralità di nuclei di potere molto meno definiti dal punto di vista formale, e molto meno integrati in un sistema organico rispetto al periodo precedente.
La morte di Matilde sancì dunque il definitivo collasso d’una dominazione marchionale a forte matrice pubblica, che aveva avuto una lunghissima tenuta. Per questo, soprattutto in Toscana, la sua scomparsa segnò veramente la fine di un’epoca, nel momento in cui ovunque un vecchio mondo stava tramontando – quello della Marca e delle città vescovili – e un nuovo assetto – quello delle città comunali – stava entrando nella piena luce.
Bibliografia di riferimento
- M.E. Cortese, Signori, castelli, città. L’aristocrazia del territorio fiorentino tra X e XII secolo, Firenze, Olschki, 2007
- M.E. Cortese, L’aristocrazia toscana. Sette secoli (VI-XII), Spoleto, Cisam, 2017
R. Davidsohn, Storia di Firenze, 8 voll., Firenze, Sansoni, 1977-1978 (ed. or.: Berlin, 1896-1927) - Donizone, Vita di Matilde di Canossa, introd. di V. Fumagalli, trad. e note di P. Golinelli, Milano, Jaca Book, 2008 (ed. or.: 1987)
- E. Faini, Firenze nell’età romanica (1000-1211), Firenze, Olschki, 2010
- V. Fumagalli, Matilde di Canossa: potenza e solitudine di una donna del Medioevo, Bologna, Il Mulino, 1996P. Golinelli, Matilde e i Canossa nel cuore del Medioevo, Milano, Camunia, 1991P. Golinelli, L’ancella di S. Pietro. Matilde di Canossa e la Chiesa, Milano, Jaca Books, 2015
- P. Golinelli P. (a cura di), I poteri dei Canossa da Reggio Emilia all’Europa, Atti del convegno (Reggio Emilia-Carpineti 1992), Bologna, Pàtron Editore, 1994
- Matilde di Canossa e il suo tempo, Atti del XXI congresso internazionale di studio sull’alto Medioevo (San Benedetto Po-Revere-Mantova-Quattro Castella 2015), Spoleto, Cisam, 2016
- M.P. Paoli, La donna e il melograno: biografie di Matilde di Canossa (secoli XVI-XVII), in «Mélanges de l’École française de Rome. Italie et Méditerranée», 113/1, 2001, pp. 173-215
Elenco dei link in ordine di citazione (il loro funzionamento è stato verificato nel giugno 2017)
- Profilo biografico di Matilde di Canossa
- Manoscritti, edizioni e bibliografia sulla Vita Mathildis di Donizone
- Note biografiche su Donizone
- Note biografiche su Bonifacio di Canossa
- Note biografiche su Beatrice di Lorena
- Note biografiche su Goffredo il Barbuto
- Note biografiche su Enrico III
- Note biografiche su Niccolò II
- Note biografiche su Anselmo da Baggio/Alessandro II
- Sepolcro di Beatrice marchesa di Tuscia a Pisa
- Note biografiche su Gregorio VII
- Note biografiche su Enrico IV
- Note biografiche su Guido V dei conti Guidi
Come citare questo articolo: Maria Elena Cortese, Luglio 1115: morte di Matilde di Canossa e tramonto della Marca di Tuscia, in "Portale Storia di Firenze", Luglio 2017, https://www.storiadifirenze.org/?temadelmese=luglio-1115-morte-di-matilde-di-canossa-e-tramonto-della-marca-di-tuscia
Torna su