Nato a Volterra nel 1908, conseguì la laurea in Economia e Commercio presso l’Università di Firenze nel 1930 con una tesi sulle “Condizioni attuali dell’industria e del commercio degli alabastri”. Tre anni più tardi vinse il concorso come Economo provveditore dell’Ospedale psichiatrico di Volterra, evento determinante che lo legò definitivamente alla sua città e all’approfondimento degli studi e delle ricerche su di essa, dove avrebbe lavorato per i successivi quarant’anni, allontanandosene temporaneamente solo per frequentare gli Archivi e le Biblioteche degli altri centri toscani. Sul finire degli anni Quaranta fu nominato Ispettore onorario delle Antichità e Belle Arti e Direttore del Museo e della Biblioteca Guarnacci, incarico che mantenne fino al giorno della sua scomparsa, avvenuta nell’ottobre del 1976. Procedette al riordino del Museo, dandogli modernità e razionalità, e a lui si deve anche la costituzione di un piccolo ma efficiente laboratorio di restauro. Nel 1955 ottenne, tramite concorso, la libera docenza in storia economica, ma il mondo accademico non gli concesse mai la cattedra che avrebbe meritato. Dal 1963, anno nel quale era stato anche eletto Consolo dell’Accademia dei Sepolti, diresse la rivista “Rassegna Volterrana”. Fu socio onorario della Società storica della Valdelsa. Uomo schivo e riservato, per decenni mise la propria combattività al servizio della conservazione e della valorizzazione del patrimonio storico e monumentale della sua città. I suoi interessi spaziarono dall’archeologia alla storia ma, nonostante l’ampia operosità, la vastità dei temi trattati e la varietà delle epoche prese in esame – dall’antichità ai primi secoli dell’epoca moderna – la sua opera ebbe una precisa delimitazione territoriale: la Toscana. Quale archeologo, anche se mai pretese di esserlo, si impegnò nell’identificazione dell’esatta e dimenticata provenienza di molti materiali archeologici volterrani, opera che gli consentì anche di lavorare alla costruzione di una carta archeologica aggiornata del territorio volterrano e di affrontare, quando necessario, la ricerca sul terreno. In tale ambito, il suo impegno maggiore fu lo scavo che, avviato nell’estate del 1950 servendosi non di maestranze specializzate ma di poveri malati ricoverati nell’ospedale psichiatrico, riportò alla luce il teatro romano di Vallebuona. A lui si deve anche la scoperta di nuovi gruppi di tombe etrusche nella zona del Portone e della Badia. I suoi interessi di storico, che nel Medioevo trovarono ben presto il campo di ricerche più congeniale, si rivolsero in particolare a tematiche socio-economiche, demografiche ed urbanistiche. Indagò con metodo esemplare le vicende della Toscana tardomedievale e, soprattutto, dei suoi centri minori (Prato, San Gimignano), tra i quali un posto d’onore spettò sicuramente a Volterra. In alcuni lavori affrontò il tema dell’origine della ricchezza delle famiglie che costituirono gli strati più elevati della società comunale. I suoi studi di carattere demografico, invece, lo condussero a conclusioni importanti che divennero in seguito acquisizioni sicure della storiografia più recente. Evidenziò, ad esempio, alcune caratteristiche dell’andamento demografico dei secoli XIV e XV: parabola discendente tra metà Trecento e metà Quattrocento, in cui alla costante diminuzione del numero delle famiglie avrebbe fatto riscontro l’aumento dei loro componenti, quindi una lenta ripresa che avvantaggiava la campagna rispetto alla città. Fiumi era innamorato del libero Comune medievale come fatto storico, economico ed essenzialmente umano. Egli giunse ad affermare che il Rinascimento poteva essere considerato tale solo per la letteratura e l’arte figurativa, mentre, per la Toscana, sarebbe stato un periodo di notevole declino economico in cui emersero, è vero, grandi personalità, ma i cui traffici erano piccola cosa rispetto alla mole di negozi che una miriade di mercanti e banchieri aveva svolto nell’età comunale. La sua curiosità lo spinse anche ad indagare le vicende fiorentine. Utilizzando documenti di ogni sorta ed ogni fonte accessibile, ricostruì le vicende demografiche, economiche e sociali di Firenze affrontando e combattendo teorie avanzate da grandi storici di prestigio quali Sombart, Plesner e Salvemini.
Opere La manifattura degli albastri, Pisa, Lischi, 1940; L’utilizzazione dei lagoni boraciferi della Toscana nell’industria medievale, Firenze, Carlo Cya, 1943; L’impresa di Lorenzo de’ Medici contro Volterra (1472), Firenze, Olschki, 1948; Statuti di Volterra (1210-1224), Siena, Tipografia nuova, 1951; Storia economica e sociale di San Gimignano, Firenze, Olschki, 1963; Demografia, movimento urbanistico e classi sociali in Prato dall’età comunale ai tempi moderni, Firenze, Olschki, 1968; Volterra etrusca e romana, Pisa, Pacini, 1976; Volterra: il museo etrusco e i monumenti antichi, Pisa, Pacini, 1976; Fioritura e decadenza dell’economia fiorentina, Firenze, Olschki, 1977; Volterra e San Gimignano nel medioevo. Raccolta di studi, a cura di G. Pinto, San Gimignano, Cooperativa Nuovi Quaderni, 1983.
Studi su Enrico Fiumi G. Maetzke, Introduzione commemorativa, in E. Fiumi, Storia e sviluppo del Museo Guarnacci di Volterra, a cura del Consorzio di gestione del Museo e della Biblioteca Guarnacci di Volterra, Firenze, Centro Di, 1977; S. Gensini, Ricordo di Enrico Fiumi, «Miscellanea storica della Valdelsa», LXXXIII (1977), pp. 264-266; Studi per Enrico Fiumi, Pisa, Pacini, 1979; G. Pinto, Presentazione, in idem (a cura di), E. Fiumi, Volterra e San Gimignano nel medioevo. Raccolta di studi, San Gimignano, Cooperativa Nuovi Quaderni, 1983.