24 giugno 1637: la Loggia dei Lanzi è per la prima volta utilizzata come spazio monumentale

di Marco Calafati (Ecole pratique des hautes études, Paris, Sorbonne)

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Veduta della Loggia dei Lanzi

Sul lato meridionale di Piazza Signoria, ortogonale a Palazzo Vecchio, all’innesto con il piazzale degli Uffizi, si erge uno dei monumenti simbolo della Repubblica fiorentina: l’omonima loggia della Signoria. Destinata ad accogliere le assemblee del popolo e le cerimonie pubbliche, come l’insediamento dei Gonfalonieri e dei Priori, dalla metà del Cinquecento la loggia fu anche detta «dei Lanzi» da quando la guardia di mercenari tedeschi (lanzichenecchi) venne qui ospitata per volere di Cosimo I de’ Medici.

 

 

Progettata e costruita dagli architetti Benci di Cione Dami, Simone di Francesco Talenti e Taddeo Ristori, il cantiere ebbe inizio tra il 1376 e il 1377 quando il Talenti fu pagato per un disegno di uno dei pilastri polilobati, che fece probabilmente da modello per l’esecuzione degli altri. Dal 1378 al 1395 fu proseguito e terminato l’innalzamento dei pilastri e le volte furono armate sotto la sua direzione. Come molti edifici coevi la loggia venne ornata con i simboli della città: dal 1380 al 1494 gli scultori dell’Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze lavorarono alla sua decorazione. La parte alta fu arricchita dagli stemmi comunali dipinti con colori vivaci che, iniziati da Jacopo di Pietro Guidi affiancato dai pittori Jacopo di Cione e Vanni di Bono, furono terminati da Niccolò di Pietro Lamberti.

Nel corso del Cinquecento, la loggia perse la funzione d’arengario civico, per divenire spazio espositivo e celebrativo del potere mediceo. Nel 1554 Cosimo I fece collocare la scultura bronzea del Perseo di Benvenuto Cellini, la cui fusione lo aveva impegnato per nove anni, mentre suo figlio Francesco I sviluppò l’ammodernamento della loggia installandovi il Ratto delle Sabine di Giambologna, l’altro suo gruppo scultoreo, Ercole e il centauro Nesso, venne invece collocato solo nel 1812. Sul lato corto verso gli Uffizi venne posta la statua della Giuditta di Donatello e sopra le volte della loggia fu creato da Bernardo Buontalenti un giardino pensile (1582-1583). Se Cosimo si preoccupò di lanciare un messaggio politico, Francesco iniziò a compiere alcune scelte che dovevano rievocare, in una piazza completamente lastricata con pietre

Particolare della balaustra di coronamento della Loggia dei Lanzi

e mattoni, la natura di un lussureggiante hortus pensilis. Tale locus amoenus rappresentava un diaframma tra la piazza, i monumenti circostanti e il paesaggio collinare che cinge la città. L’allestimento di questo spazio, dialetticamente composto di pietra, verzura e giochi d’acqua, delimitato dall’impianto geometrico della loggia, dialogava con la facciata di Palazzo Vecchio. Il giardino garantiva al granduca e alla sua corte ricreazione e incanto, offrendo uno spazio aperto privato complementare allo spazio pubblico all’ombra delle volte. Il giardino pensile stabiliva un rapporto flessibile con il volume massiccio dell’edificio e rappresentava un esempio di uso raffinato, intellettuale destinato all’otium e al diletto. Il tono privato e disinvolto di questa invenzione contraddiceva la severità dell’antico arengario medioevale, come pure il tono aulico che Cosimo aveva imposto alla piazza attraverso la collocazione del Perseo. Se la loggia venne considerata da Cosimo un elemento cardine della piazza che dialogava con il suo pendant, ovvero l’opposta fontana ammannatiana del Nettuno, essa fu immaginata e usata da Francesco come prolungamento spaziale e visivo degli Uffizi. Né gli Uffizi né la loggia erano però luoghi assimilabili al museo che nascerà solo successivamente tra Settecento ed Ottocento anche se già con Francesco I l’ultimo piano della galleria accoglieva pregevoli statue antiche della collezione medicea, che su permesso del granduca si potevano visitare già dai primi del Seicento.

Particolare del Perseo di Benvenuto Cellini

 

Ferdinando II de’ Medici iniziò a servirsi della loggia come solenne cornice per grandi occasioni quali gli Omaggi nel giorno della festa di San Giovanni Battista. Nelle Memorie Fiorentine Francesco Settimanni informa che il 24 giugno 1637, il trono del granduca venne posto sotto la loggia: «Addì XXIV di Giugno 1637. Mercoledì. Il questo anno il Granduca ricevette i tributi delle città suddite allo Stato Fiorentino e Sanese assiso sotto una gran residenza sotto la Gran Loggia di Piazza con quivi i soliti Magistrati, lasciando di ricevergli sulla ringhiera tra il Leone e la porta principale del Palazzo pubblico, come anticamente faceva la Signoria della Repubblica di Firenze, e gli altri Granduchi sino al detto tempo». La Loggia della Signoria diveniva per la prima volta sfondo al trono granducale, che circondato dagli eroi di pietra e di bronzo, dovette ben figurare in un edificio maestoso. Fu questo l’inizio di una tradizione perpetuata per un paio di secoli, spesso illustrata nelle vedute seicentesche e settecentesche di piazza della Signoria, che non a caso rappresentano il sito nell’occasione tradizionale più alta per Firenze, quando la celebrazione del patrono coincideva con la festa del granducato, con gli Omaggi delle città soggette ai Medici. Una celebrazione che diverrà ancora più imponente dopo il 1691, quando a Cosimo III – grazie all’interessamento di Giovanni Guglielmo Elettore Palatino futuro genero del granduca – fu concesso, per decreto imperiale, il Trattamento Regio che eguagliava la casa dei Medici alle altre Case regnanti europee. Ciò dava al granduca il diritto di essere chiamato Altezza Reale e a fare uso di simboli di valore regale, quali in campo araldico la corona chiusa in alto, segno universale di monarchia. Così l’utilizzo principesco della Loggia cristallizzò la decorazione l’allestimento cinquecentesco, e il suo aspetto rimase immutato per tutto il Seicento. Nessuna scultura vi fu rimossa o collocata rispettando e ammirando le scelte artistiche dei Medici delle precedenti generazioni. Difatti, l’uso annuale non prevedeva spostamenti o nuove sistemazioni di statue, così la parte interna della Loggia doveva rimaner sgombra garantendo agio ed imponenza alla residenza del granduca, un trono ricoperto di pietre preziose, sormontato da un ampio baldacchino.

 

Letture di approfondimento:

  • F. Settimanni, Memorie Fiorentine dall’anno MDXXXII, che la famiglia Medici ottenne l’assoluto Principato della Città e Dominio Fiorentino, insino all’anno MDCCXXXVII – che la medesima Famiglia mancò di Successione nel Granducato di Toscana; racolte e fedelmente compilate da Francesco Settimanni Nobil Fiorentino, e Cavaliere di S. stefgano, Firenze 1737ca, ASF, ms. 135, IX, 1631-1644, p. 208.
  • H. Keutaer, Der Giardino Pensile der Loggia dei Lanzi,und seine Fontäne, in Kunstgesch. Studien für H. Kauffmwm, Berlin 1956, pp. 240-251.
  • F. Vossilla, La Loggia della Signoria: una galleria di scultura, Firenze, Medicea, 1995.
  • F. Vossilla, Il Giambologna e la Loggia della Signoria in Giambologna tra Firenze e l’Europa, a cura di S. Eiche, G. J. Van der Sman, Firenze, Centro Di, 2000, pp. 87-102
  • Le statue della Loggia della Signoria a Firenze. Capolavori restaurati, a cura di G. Giusti Galardi, Firenze, Giunti, 2002.
  • M. Frati, Costruire al tempo di Arnolfo, Firenze, University Press, 2006.

 

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