di Sara Mori (Università di Macerata)
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Il 18 settembre 1752 venne aperta al pubblico la Biblioteca Marucelliana, pensata dal suo fondatore Francesco Marucelli (Firenze, 1625 – Roma, 1703) quale biblioteca di cultura generale aperta a tutti coloro che non potevano disporre di una biblioteca privata, come si legge nell’iscrizione in pietra sulla facciata: «Marucellorum Bibliotheca publicae maximum pauperum utilitati».
L’abate Francesco Marucelli, conosciuto come uomo coltissimo ed erudito, decise di destinare la sua biblioteca di Roma, città in cui risiedeva dal 1648, e gran parte del suo patrimonio alla costruzione a Firenze, dove abitava la famiglia, di una biblioteca; l’abate aveva individuato il luogo, alle spalle di Palazzo Marucelli di via San Gallo, e aveva pensato anche al mantenimento della struttura disponendo delle rendite per l’accrescimento della raccolta libraria. Alla morte di Francesco Marucelli il nipote Alessandro si assunse l’incarico di eseguire le volontà testamentarie dello zio. Fu indetta una gara pubblica per la costruzione dell’edificio che avrebbe accolto la biblioteca, gara alla quale parteciparono due progetti, uno dell’architetto romano Alessandro Dori e l’altro dell’architetto fiorentino Giovan Filippo Ciocchi; fra i due prevalse per ragioni economiche il progetto romano.
L’edificio, ultimato nel 1751, era composto da un salone monumentale e da tre stanze a disposizione del pubblico; facevano parte del complesso anche gli appartamenti del bibliotecario e del custode. All’apertura la biblioteca vantava un patrimonio librario di circa cinquemila volumi e quarantuno manoscritti trasportati in 150 casse da Roma via mare (Civitavecchia-Livorno). Il granduca Francesco Stefano di Lorena stabilì con un motuproprio che la biblioteca fosse aperta tre giorni alla settimana dalle nove all’una in alternanza con la Magliabechiana, aperta nel 1747 per volontà testamentaria di Antonio Magliabechi, erudito e bibliotecario della Biblioteca Palatina di Cosimo III de’ Medici.
Alessandro Marucelli nominò bibliotecario Angelo Maria Bandini, che resse la biblioteca per circa cinquant’anni. Il suo primo compito fu quello della sistemazione fisica dei volumi della libreria, disposizione che è ancora visibile nell’ordinamento del Salone monumentale. Le opere sono infatti divise nelle due grandi categorie delle arti liberali: il trivio (grammatica, retorica e dialettica) e il quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia e musica) e sono corrispondenti grossomodo al lato destro e al lato sinistro del Salone stesso. Contemporaneamente Bandini iniziò la stesura del catalogo alfabetico per autori e titoli a volume e si adoperò per incrementare e aggiornare la raccolta libraria.
Grande bibliotecario, in contatto epistolare con i più importanti bibliotecari italiani e stranieri dell’epoca, Bandini seppe caratterizzare profondamente la biblioteca con una politica delle acquisizioni mirata ed efficace, rispettando anche le indicazioni date dal fondatore. Tra gli acquisti più importanti si annovera quello, nel 1761, dei manoscritti e del carteggio dell’antiquario Anton Francesco Gori, nucleo comprensivo anche dei manoscritti di Giovan Battista Doni. Nel 1783, sotto la direzione del Bandini, entrò in biblioteca la collezione disegni e stampe raccolta nel tempo dall’ultimo rappresentante della famiglia Marucelli, Francesco di Ruberto.
Come molte altre biblioteche italiane la Marucelliana si giovò poi dei depositi dovuti alle soppressioni conventuali sette-ottocentesche. Tra i bibliotecari che si susseguirono alla direzione dell’istituto vanno ricordati Francesco Del Furia, Guido Biagi, Desiderio Chilovi ed Enrico Jahier che, per competenza ed attività svolta ebbero rilevanza anche in ambito internazionale. Nella seconda metà dell’Ottocento e nella prima del secolo successivo pervennero e si costituirono in Biblioteca vari fondi di carattere storico, artistico, letterario e politico quali il legato del pittore Diego Martelli, la collezione Bonamici, il carteggio Nencioni e la sezione di Arte industriale.
Grazie all’entrata in vigore della legge n. 432 del 7 luglio 1910 sul diritto di stampa e al suo decreto di attuazione nel 1911, la Marucelliana fu designata quale biblioteca depositaria di tutte le pubblicazioni stampate nei quattro circondari di allora della provincia di Firenze: cioè Firenze, Pistoia, San Miniato, Rocca San Casciano. Ciò consentì alla biblioteca un notevole arricchimento bibliografico, quantificabile nei primi decenni in circa 3.000 unità bibliografiche ogni anno. La biblioteca è divenuta così un centro di documentazione e conservazione per l’importante produzione editoriale fiorentina, compito che in base alle leggi vigenti ancora conserva. La ricchezza e la particolarità del suo patrimonio librario ha reso sicuramente la Marucelliana una tappa obbligata di studio e ricerca per chi debba compiere studi relativi alla cultura fiorentina e toscana soprattutto nel settore letterario, storico ed artistico.
Letture di approfondimento:
- M. Prunai Falciani, Biblioteca Marucelliana Firenze, Firenze, Nardini, 1999
- L’Epistolario di Anton Francesco Gori. Saggi critici, antologia delle lettere e indice dei mittenti, a cura di C. De Benedictis, M.G. Marzi, Firenze, Firenze University Press, 2004
- E. Chapron, Ad utilità pubblica : politique des bibliothèques et pratiques du livre à Florence au XVIII siècle, Genève, Librairie Droz, 2009
Elenco dei link in ordine di citazione (il loro funzionamento è stato verificato il 18 settembre 2013):