Nato a Volterra nel 1739 e condotti i suoi primi studi nel seminario di quella città, Jacopo Ricucio Galluzzi si iscrisse, nel 1757, all’università di Pisa dove si laureò in “utroque iure” nel 1762. Dopo una breve esperienza nella segreteria di Pompeo Neri, nel 1768 ottenne la cattedra di Filosofia Morale presso lo Studio fiorentino.
Nell’ottobre del 1769, insieme a Carlo Bonsi e a Ferdinando Fossi, ebbe l’incarico di riordinare le carte della Segreteria Vecchia, cioè dell’archivio familiare dei Medici conservato a Palazzo Vecchio. Da una relazione inviata allo stesso granduca, il 22 dicembre 1777, firmata dal Galluzzi e dal Fossi, si apprende che erano occorsi due anni per cercare di riordinare i documenti e altri cinque per compilare lo spoglio del materiale contenuto in 6570 filze, dislocate in nove stanze di Palazzo Vecchio.
Il Galluzzi lavorava ancora al riordino dell’archivio quando, nel 1775, il granduca Pietro Leopoldo, preso atto delle difficoltà incontrate da Vincenzio Martinelli nello scrivere una storia della dinastia dei Medici, lo incaricò di continuare questo progetto. Dopo molti anni di studio, nel 1781 l’archivista dette finalmente alle stampe il suo ampio lavoro con il titolo Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo di casa Medici.
In seguito al successo ottenuto dalla sua Istoria, lo scrittore entrò a far parte di importanti circoli culturali cittadini. Abituale frequentatore delle maggiori accademie del tempo, contava fra i suoi amici intellettuali e scienziati di grande fama fra cui Tommaso Perelli, professore di Astronomia nell’Università di Pisa e protagonista della rinascita settecentesca degli interessi per Galileo.
Nel 1778 il Galluzzi venne nominato Revisore delle Stampe, un incarico importante che gli imponeva il difficile compito di valutare attentamente, prima di concedere l’imprimatur per la stampa, le opere e gli scritti destinati alla pubblicazione all’interno dei confini del granducato. Due anni dopo gli fu conferita la nomina d’archivista della Segreteria di Stato e, dal 1784 al 1790 ricoprì anche la carica di Segretario del Consiglio di Stato.
Fu questo il punto più alto della carriera del Galluzzi che già mostrava i primi segni di un’eccessiva simpatia nei confronti delle “novità” provenienti dalla Francia. Questo suo eccessivo attaccamento al “partito francese”, sbocco naturale per alcuni che, in passato, avevano appoggiato con entusiasmo la politica riformista di Pietro Leopoldo, indusse Ferdinando III a trasferire il funzionario alla direzione dell’Archivio Notarile. Ma, anche nell’esercizio del nuovo mandato, il Galluzzi dette segni di evidente attrazione verso i principi repubblicani che seguivano l’avanzata di Napoleone Bonaparte in Italia. L’anno stesso in cui sorsero le repubbliche Cispadana e Transpadana, il Galluzzi fu rimosso da ogni incarico e inviato a dirigere l’ufficio delle Poste toscane a Roma dove rimase fino al 13 maggio 1798.
Nel 1799 con l’arrivo dei francesi, il Galluzzi rientrò a Firenze e, nel maggio del medesimo anno, ottenne l’incarico di Ministro delle Finanze in sostituzione di Francesco Maria Gianni. Dopo la caduta del governo democratico, mentre anche nella campagna toscana dilagava l’insurrezione di bande contadine armate dalla nobiltà tradizionalista e dal clero, il Galluzzi fu costretto a fuggire a Parigi dove rimase fino al 1801. In seguito alla creazione del Regno d’Etruria, lo scrittore volle tornare in Toscana dove morì, di lì a poco, in casa dell’amico Carlo Londi, l’unico ad averlo accolto con stima e affetto immutati.
L’opera più importante scritta dal Galluzzi fu la Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della casa Medici, pubblicata, per la prima volta, a Firenze dallo stampatore granducale, Gaetano Cambiagi, nel 1781.
Dopo avere dedicato i primi tre libri al regno di Cosimo I, lo scrittore esamina la storia dei granduchi successivi nel contesto più ampio della politica italiana e europea del tempo. Le vicende toscane escono quindi dai confini di una storiografia condizionata da stretti vincoli cronologici e spesso legata al conformismo aneddotico, per divenire parte di una realtà politica internazionale dove bene sono evidenziati anche i diversi tentativi intrapresi dai principi medicei per inserirsi nel contesto delle strategie coloniali del tempo. In particolare, come sottolinea Orsola Gori Pasta, il Gallluzzi mette in evidenza il ruolo positivo svolto dai primi Medici nel rafforzamento della «statualità e dell’autorità del principe». Forte degli insegnamenti di Pietro Leopoldo, il Galluzzi procede nella sua narrazione in piena autonomia dai condizionamenti della Chiesa, assumendo, talvolta posizioni apertamente filo-gianseniste che gli procurano non poche critiche.
Opere
R. Galluzzi, Istoria del granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, Firenze, Cambiagi, 1781;
Dopo l’edizione fiorentina, seguirono subito altre due (Firenze e Livorno). Tradotta in francese e, parzialmente, anche in tedesco, nel 1841 venne nuovamente riproposta con una premessa nella quale venivano ripercorse la vita e l’opera del Galluzzi.
Studi su Jacopo Riguccio Galluzzi
O. Gori Pasta, voce Riguccio Galluzzi, Jacopo in Dizionario biografico degli italiani, LI, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1998, pp. 766-769.