Francesco Inghirami
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Nacque a Volterra il 23 ottobre 1772 da famiglia di nobili natali. Penultimo di otto figli, dopo aver studiato fino a 13 anni nelle scuole Pie della città, fu inviato dal padre a Malta presso l’ordine dei cavalieri gerosolimitani. Gli obblighi della carriera militare non gli impedirono di coltivare la sua passione per il disegno e gli studi archeologici, che si accentuò col suo ritorno a Volterra di venuta luogo di importanti scavi etruschi. 
Dopo la campagna antifrancese del 1799, trascorse alcuni anni a Pisa e a Firenze dove si perfezionò nel disegno e nell’incisione di monumenti antichi su incoraggiamento del regio antiquario Luigi Lanzi. Tornato a Volterra per un breve periodo con l’incarico di bibliotecario comunale e prefetto del Museo etrusco Guarnacci, passò di nuovo a Firenze come sottobibliotecario della Marucelliana. Nel capoluogo toscano, dove soggiornò presso la Badia fiesolana, Inghirami raffinò ulteriormente i suoi interessi archeologici che dovevano realizzarsi pienamente, grazie anche ad alcuni materiali reperiti a Londra e Parigi, con la pubblicazione in 10 poderosi volumi dei Monumenti etruschi (1821-1826), per la cui illustrazione aveva dato vita nei locali della Badia ad una originale scuola –convitto per giovani tipografi. 
L’etruscologia, da tempo coltivata in Toscana sull’onda di un’ideologia fondata sulle tradizioni autoctone della sua civiltà e delle sue città in opposizione alla tradizione della sua stretta dipendenza da Roma, tornò ad essere protagonista dei primi tre volumi dell’ultima opera scritta da Inghirami e dedicata alla storia della Toscana, pubblicata dalla Poligrafia fiesolana in 17 volumi , tra il 1841 e il 1845. Divisa in sette epoche, questa opera storica che nasceva non casualmente in concomitanza della fondazione dell’ “Archivio storico italiano” di G. P. Viesseux, si distingue proprio per l’attenzione rivolta, oltre che alla ricostruzione politica e biografica di stampo patriottico, anche a quella più insolita della storia materiale, ovvero dell’alimentazione, dell’agricoltura, dei costumi, degli abiti, del commercio ecc., tutti argomenti che Inghirami, come già gli antiquari di due secoli prima, aveva certamente dedotto proprio dalla consuetudine con i reperti archeologici, attraverso i quali la curiosità dello storico formatosi sui documenti scritti si apriva al mondo degli oggetti minuti, spia della quotidianità di un popolo.
La sua esperienza e il suo prestigio, non sostenuti, tuttavia, dalla conoscenza dell’epigrafia e delle lingue orientali, gli impedirono di essere nominato regio antiquario dopo che nel 1832 si era resa vacante questa carica. Il 17 maggio 1846 Inghirami morì alla Badia di Fiesole, dove subito dopo cessò di esistere anche la gloriosa tipografia da lui istituita.

Opere
Monumenti etruschi o di etrusco nome incisi, illustrati e pubblicati, Poligrafia fiesolana, 1821-1826, 10 voll.;
La storia della Toscana divisa in sette epoche, susseguita da una biografia degli illustri toscani e da una bibliografia storica…un indice di materie…e un atlante geografico, archeologico e artistico, Poligrafia fiesolana, 1841-1845, 17 voll.

Studi su Francesco Inghirami
V. De Vegni, Notizie biografiche del cav. F. Inghirami, Volterra, 1849;
E. Barni, F. Inghirami. Una vita per la cultura, in «Rassegna storica volterrana», LXIII-LXIV (1987-1988), pp. 56-136;
M. Fubini Leuzzi, voce Inghirami, Francesco in Dizionario biografico degli italiani, LXII, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2004, pp. 372-376.