di Gianni Silei (Università di Siena)
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Il 15 luglio 1948 si corre la Cannes-Briançon, tredicesima tappa (274 km) del Tour de France che culmina con la scalata del temuto colle dell’Izoard (2.361 metri). In quella edizione la squadra italiana diretta da Alfredo Binda (e priva di Fausto Coppi) è capitanata da Gino Bartali. A trentaquattro anni, il campione fiorentino di Ponte a Ema è stato protagonista delle prime giornate ma poi ha perso terreno. Gino è settimo, attardato di oltre ventuno minuti e a guidare la classifica c’è il francese Louison Bobet. I giochi sembrano fatti.
Invece Bartali parte subito all’attacco e, dopo un testa a testa col bretone Jean Robic, va in fuga. Nessuno gli resiste e quando transita sull’Izoard è ormai solo. Gli altri dietro, staccati di minuti. Al traguardo Bobet conserva la maglia gialla ma il suo distacco in classifica generale si è ridotto a poco più di un minuto. Bartali non si ferma. Dopo quella tappa si aggiudica quella del 16 luglio e quella successiva. Bobet è raggiunto e quindi staccato. La vittoria finale al Tour è ipotecata.
Fin qui parrebbe solo una straordinaria impresa ciclistica. Se non fosse che la cronaca sportiva si incrocia, come talvolta accade, con eventi di tutt’altra natura: in questo caso quelli legati al ferimento di Palmiro Togliatti e alle drammatiche giornate che ne seguirono.
Il giorno prima della tappa del 15 luglio, infatti, uno studente di destra ha sparato al segretario del Pci. La notizia si è diffusa subito per il paese e il clima, ancora incandescente per via della durissima campagna elettorale, è subito diventato al calor bianco. La CGIL unitaria ha proclamato lo sciopero generale e in tutta Italia le manifestazioni spontanee si susseguono. Anche la città di Firenze si è fermata ed è scesa in strada per protestare. Qualcuno ha preso addirittura le armi. Si contano già le prime vittime e feriti mentre si fa strada il timore di una vera e propria insurrezione.
La notizia dell’attentato è giunta anche in Francia e ha sorpreso la carovana del Tour durante una giornata di riposo. Nel tardo pomeriggio, mentre il paese precipita nel caos, l’episodio – in realtà mai del tutto confermato – che secondo alcuni spiega l’incredibile epilogo della tappa del giorno dopo: si dice che il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi abbia telefonato a Bartali chiedendogli un’impresa per ‘distrarre’ l’opinione pubblica. E Bartali, sempre secondo i racconti, pare abbia risposto affermativamente.
Leggenda o verità, il 15 luglio Bartali trionfa, inarrestabile. Le pagine dei giornali italiani, dove ovviamente spiccano le notizie dei disordini, danno ampio spazio alla sua epica impresa: «Quella sera» – scriverà Il giornale dell’Emilia del 24 luglio 1948 – «alla Camera dei Deputati, disorientata, agitata, indignata per il delittuoso attentato di piazza Montecitorio, il clamore discorde fu placato dalla altissima voce di un deputato che gridava: “Attenzione! Una grande notizia. Bartali ha vinto la tappa e forse la maglia gialla. Viva l’Italia”. E nello stupore che seguì, gli animi si rasserenarono. E così avvenne nelle piazze». Anche Firenze e la Toscana “rossa”, mobilitate per Togliatti, festeggiano quel successo e quelli successivi. Nel frattempo, le condizioni del leader del Pci migliorano e, grazie anche alle esortazioni alla calma del sindacato e del partito comunista, le tensioni si placano. Il paese torna alla normalità in tempo per festeggiare il trionfo di «Gino le Pieux» a Parigi, dieci anni dopo la precedente affermazione alla Grande Boucle. De Gasperi, con un telegramma, ringrazia Bartali per aver contribuito a superare «divisioni e avversioni». Il presidente Luigi Einaudi e papa Pio XII lo ricevono al Quirinale e a Castel Gandolfo. Già simbolo vincente dell’Italia cattolica alle elezioni del 18 aprile 1948 («Ci salvarono le zie, Don Camillo e Bartali», disse riguardo a quel voto Giovannino Guareschi, direttore del periodico satirico Candido) Gino diventa così il “salvatore dell’Italia”.
Anche se la leggenda vuole così, la straordinaria impresa di Bartali, icona dello sport e del mondo cattolico, non salvò la penisola dalla rivoluzione. Tuttavia contribuì certamente a rasserenare gli animi, mostrando come il paese, per quanto ferocemente diviso sul piano politico, fosse in fin dei conti unito, se non altro dalla comune passione per la bicicletta e per uno dei suoi più straordinari interpreti: il grande “Ginettaccio”. Fiorentino di Ponte a Ema.
Letture di approfondimento:
- P. Facchinetti, Bartali e Togliatti. Un grande trionfo al Tour de France e un attentato politico:due storie intrecciate nella storia d’Italia, Roma, Comp. Editoriale, 1981.
- S. Pivato, Sia lodato Bartali. Ideologia, cultura e miti dello sport cattolico (1936-1948), Roma, Edizioni Lavoro, 1996.
- L. Turrini, Bartali. L’uomo che salvò l’Italia pedalando, Milano, Mondadori, 2005.
Elenco dei link in ordine di citazione (il loro funzionamento è stato verificato il 15 luglio 2012):
- Note biografiche su Gino Bartali
- Note biografiche su Alfredo Binda
- Note biografiche su Fausto Coppi
- Note biografiche su Louison Bobet
- Note biografiche su Jean Robic
- Note biografiche su Palmiro Togliatti
- Note biografiche su Alcide De Gasperi
- Note biografiche su Luigi Einaudi
- Note biografiche su Pio XII
- Note biografiche su Giovannino Guareschi
- La classifica della 13° tappa
- La classifica finale del Tour
- Sito del Ciclo museo Gino Bartali