di Piero Gualtieri
Capita a volte che alcuni avvenimenti, per la risonanza che ebbero al momento e per il valore che viene loro attribuito successivamente, mettano d’accordo il giudizio di contemporanei e posteri: la presa di Pisa da parte dei fiorentini – evento capace di modificare in maniera netta e duratura la fisionomia dell’intera regione, oltre che la storia delle due città – rientra senza dubbio fra questi.
La rivalità con la città della torre pendente è stata per Firenze la più accesa di tutto il periodo comunale: iniziatasi nel corso del primo quarto del Duecento, essa si alimentò per ragioni politiche ed economiche, e si sostanziò per la volontà di entrambe le città di porsi quale centro egemone in Toscana.
Negli ultimi decenni del Trecento il sostanziale equilibrio che aveva regnato fra alti e bassi per quasi due secoli si era ormai rotto a vantaggio di Firenze: mentre quest’ultima appariva pienamente lanciata nella creazione di un dominio di dimensione regionale, Pisa fronteggiava le difficoltà di una grave crisi economica e politica. Quando ai primi del 1399 il signore di Pisa Gherardo Appiani vendette il dominio sulla città a Gian Galeazzo Visconti, signore di Milano e di una larghissima fetta dell’Italia settentrionale e centrale, sembrò che la situazione di Firenze si facesse d’un tratto fortemente critica, ma l’improvvisa morte di Gian Galeazzo ai primi di settembre del 1402 rimescolò nuovamente le carte in tavola, a tutto danno dei pisani.
Svanita la minaccia viscontea, Firenze infatti intravide la possibilità di risolvere una volta per tutte la partita con la rivale – possibilità che l’attribuzione del dominio sulla città della torre pendente a Gabriele Maria Visconti, giovane e inesperto figlio illegittimo di Gian Galeazzo, sembrò ulteriormente accreditare – e contestualmente di ottenere il sempre agognato accesso diretto al mare, ritenuto vitale per i commerci cittadini.
Prese il via, così, una fase di grande fluidità che coinvolse in maniera più o meno diretta le altre principali realtà della penisola (il Papato, Genova, Ferrara, Venezia, ma anche la Francia) a propria volta impegnate in un complesso gioco politico-militare per l’espansione delle proprie sfere di influenza. Le difficoltà nella gestione delle trattative, unite a più generali timori sugli eventuali costi proibitivi dell’operazione di conquista, portarono inoltre a una sorta di spaccatura all’interno del ceto di governo fiorentino fra i fautori dell’assoggettamento e i disponibili al compromesso. Pur oscillando fra le due posizioni – lo stesso Maso degli Albizzi, principale esponente dell’oligarchia, mantenne un atteggiamento ambiguo – la maggioranza del ceto dirigente fiorentino si dimostrò alla fine determinata nel perseguire l’acquisizione dell’antica rivale.
Gli avvenimenti si susseguirono in maniera convulsa. Dopo un primo fallito tentativo di coinvolgere papa Bonifacio IX, Firenze si trovò a dover trattare con la corona di Francia, a seguito dell’atto di accomandigia al governatore francese di Genova che Gabriele Maria operò agli inizi del 1404 nella speranza di porre al sicuro il proprio dominio. Dopo aver ottenuto alla fine di febbraio del 1405, grazie a un ingente esborso di denaro, il via libera dalla corona francese, il governo fiorentino ottenne da Genova – a cui era stato ceduto dalla madre di Gabriele Maria Visconti, fuggito dalla città divenutagli ostile – il dominio su Pisa e il suo contado. Truppe fiorentine presero possesso della cittadella pisana il 31 agosto del 1405, ma ne vennero cacciate appena sei giorni dopo, vanificando quanto ottenuto fino ad allora. Dopo una fase di smarrimento, Firenze decise – anche per un’ambasciata dei pisani che riaccese l’animosità della popolazione – di giocare con decisione la carta militare, inviando dall’ottobre del 1405 truppe in territorio pisano; la conquista di Vico Pisano il 16 di luglio del 1406 rappresentò così la premessa al definitivo assoggettamento. Giovanni Gambacorta, che aveva assunto il controllo della città, intavolò trattative con Firenze, alla quale infine cedette Pisa per 50.000 fiorini e la signoria su Bagno di Romagna.
All’annuncio dell’ingresso delle truppe in Pisa, la mattina di sabato 9 ottobre 1406, secondo il racconto di Bartolomeo del Corazza, le strade di Firenze si riempirono letteralmente di gente in festa: si chiudeva definitivamente una pagina centrale della storia cittadina.
Elenco dei link in ordine di citazione (il loro funzionamento è stato verificato il 13 agosto 2013):
- Note biografiche su Gherardo Appiani
- Note biografiche su Gian Galeazzo Visconti
- Note biografiche sintetiche su Gabriele Maria Visconti
- Note biografiche su Bonifacio IX
- Nota sintetica sul significato del termine accomandigia
- Note biografiche su Maso degli Albizzi
- Note biografiche su Giovanni Gambacorta
- Note biografiche sintetiche su Bartolomeo del Corazza
Bibliografia essenziale L. De Angelis, «Contra Pisas fiat viriliter». Le vicende della conquista, in Firenze e Pisa dopo il 1406. La creazione di un nuovo spazio regionale, Olschki, Firenze 2010, pp. 49-64.