di Stefano Miniati (Università di Siena)
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Lorenzo Magalotti è figura tanto centrale quanto trascurata della vita culturale fiorentina e toscana del periodo post-galileiano. Una ragione non secondaria di quest’oblio storiografico risiede probabilmente nell’eccentricità del personaggio, che risulta difficilmente incasellabile nei consueti schemi interpretativi della storia della cultura barocca.
Di nobile famiglia fiorentina, Magalotti compie gli studi giovanili presso i gesuiti del Collegio Romano, avendo come insegnanti Piero Casati (fisica e matematica) e Silvestro Mauro (filosofia e teologia), che gli trasmettono un atteggiamento in certa misura critico verso l’aristotelismo prevalente nell’università. In quegli anni romani conosce e frequenta anche Honoré Fabri, e si manifestano probabilmente i suoi marcati interessi per le più attuali questioni scientifiche, che nel 1656 lo conducono, grazie anche agli auspici dello zio paterno, all’università di Pisa, dove (al di là di una brevissima e poco significativa parentesi giuridica) si dedica allo studio della biologia, della fisica e della matematica, divenendo allievo di Marcello Malpighi, Giovanni Alfonso Borelli e Vincenzo Viviani, l’“ultimo discepolo” di Galileo. Ancora lo zio Filippo due anni più tardi gli favorisce l’ammissione all’Accademia della Crusca, di cui è per alcuni anni consigliere e censore. La frequentazione dei cruscanti alimenta i suoi interessi letterari e segnatamente danteschi; Francesco Redi ebbe a dire di lui che «conosceva quasi tutto Dante a memoria», e non è raro trovare negli scritti magalottiani l’uso di parole dantesche e citazioni di interi versi, a cui si accompagnano esercitazioni esegetiche sui passi più difficili delle tre cantiche. Senz’altro, i suoi scritti di critica dantesca – per quanto estremamente limitati in estensione -, fanno di Magalotti uno tra i più acuti interpreti di Dante del secondo Seicento.
Tuttavia sono gli interessi più propriamente scientifici a prevalere in questi anni. La frequentazione dello studio pisano gli apre le porte della corte medicea di Ferdinando II, nella quale entra al servizio di Leopoldo, fratello del Granduca, già nel 1659; trasferitosi a Firenze, subentra nel 1660 ad Alessandro Segni nella carica di segretario dell’Accademia del Cimento fondata appena tre anni prima, divenendo colui che riuscirà effettivamente a diffonderne le dottrine grazie alla sapiente cura dei Saggi di naturali esperienze, usciti nel 1667 al termine dell’attività dell’Accademia.
I molti viaggi che da quell’anno in poi lo portano, per conto dei Medici, in giro per tutto il continente ne fanno il «postiglione d’Europa» (com’egli stesso si definisce nelle Lettere scientifiche ed erudite), che oltre a diffondere efficacemente il verbo galileiano (sostenuto in lavori quali la Lettera sopra la luce e Sopra l’effetto della vista in occasione d’osservare la cometa dell’anno 1664), si fa ambasciatore della realtà medicea che trova ancora un posto di rilievo nel tessuto diplomatico europeo. È a Vienna, in Germania, Olanda, Belgio, Inghilterra e Francia, dove raccoglie informazioni sulle più avanzate novità intellettuali, interessandosi in particolare alle correnti libertine in materia di religione e politica, nonché agli sviluppi teologici del cristianesimo cattolico e riformato, e abbracciando egli stesso un atomismo di stampo gassendista. Il carteggio di quegli anni, ancora in parte inedito, risulta perciò preziosissimo, vivida testimonianza di una fitta rete di contatti e relazioni che fanno ancora della Firenze granducale una delle capitali europee.
Alla morte di Ferdinando nel 1670 diviene gentiluomo di camera di Cosimo III, il quale gli affida subito importanti incarichi scientifici e diplomatici: sovrintende alle collezioni naturalistiche granducali proseguendo il lavoro di Niels Stensen, e viene mandato in qualità di ambasciatore granducale presso le corti di tutta Europa, dalle quali scrive relazioni settimanali assai apprezzate, che costituiscono un lucido e disincantato ritratto dei potenti del tempo.
Rientrato in Italia nel 1674, in seguito ad attriti col Granduca, si ritira nella villa di Lonchio (a Bagno a Ripoli, presso Firenze), dove rimane per i successivi dieci anni conducendo una vita ritirata, oppresso dai debiti e interamente votato alla scrittura. Tra il 1680 e il 1684 si dedica alla stesura delle 37 Lettere familiari, pubblicate postume a Venezia nel 1719 ma circolate manoscritte almeno dal 1690. Di tema apparentemente devoto, le Lettere suscitano subito vivaci polemiche per la lettura libertina che molti ne fanno, e si confermano come un successo editoriale anche dopo la morte del loro autore, ricevendo nel giro di un secolo otto ristampe.
Tornato a un ruolo pubblico solo nel 1689, nel 1691 decide – forse, si sostiene, per togliersi di dosso di fronte al religiosissimo Cosimo l’abito di miscredente che le Lettere gli avevano cucito indosso – di entrare nell’Oratorio di S. Filippo Neri, da cui tuttavia fugge pochi mesi più tardi insofferente della disciplina e delle regole impostegli.
Viene richiamato a corte nel 1692 e ammesso in Arcadia nello stesso anno col nome di Lindoro Elateo. Diviene l’anno successivo primo consigliere di Stato, ricoprendo questa carica per quasi vent’anni, distinguendosi per il suo filoanglismo in politica estera che probabilmente contribuisce alla sua iscrizione alla Royal Society l’11 maggio 1709.
Raffinato esponente della «svogliatura del secolo», diplomatico d’eccezione, instancabile curioso di ogni ramo del sapere, Magalotti muore a Firenze tre anni più tardi lasciando una cospicua eredità di carte manoscritte negli archivi italiani e europei, che ancora attendono di essere vagliate e pubblicate, e che sicuramente costituiscono un tassello importante, benché trascurato, della storia culturale del tardo Seicento.
Bibliografia essenziale
S. Fermi, Lorenzo Magalotti scienziato e letterato (1637-1712): studio biografico-bibliografico-critico, Piacenza, Bertola, 1903
M. Baldini, Magalotti. Religione e scienza nel Seicento, Brescia, La Scuola, 1984
S. Timpanaro, Magalotti e la scienza, in Id., Scritti di storia e critica della scienza, Firenze, Sansoni, 1952, pp. 123-129
W. Moretti, Magalotti ritrattista e altri studi magalottiani, Modena, Mucchi, 1991
G. Getto, Il Barocco letterario in Italia, Milano, Mondadori, 2000 [1a ed. 1969], pp. 369-373
Elenco dei link in ordine di citazione
- Profilo di Lorenzo Magalotti
- Profilo di Marcello Malpighi
- Profilo di Giovanni Alfonso Borelli
- Profilo di Vincenzo Viviani
- Sito dell’Accademia della Crusca (Storia)
- Progetto Redi
- Profilo di Alessandro Segni
- Breve profilo dell’Accademia del Cimento
- Breve profilo di Niels Stensen